mercoledì 12 novembre 2008

Quello di Eluana Englaro, non è un caso di interesse pubblico, ma una questione individuale e soggettiva

E mentre parte del mondo cattolico firma un documento di consenso 'Lasciamo che Eluana riposi in pace' (QUI), si attende ancora la sentenza della Corte di Cassazione. Riporto qui l'articolo di questa mattina tratto da IL TEMPO.it

...Per ora quindi la ragazza, in coma da 16 anni, non ha ancora il diritto di morire come chiede da tempo chiede il padre.
Un'altra giornata di sofferenza per Beppino Englaro che dal 18 gennaio del 1992 assiste la figlia. Ieri ha assistito all'udienza che si è svolta davanti alle sezioni unite della Cassazione per decidere se si potrà staccare il sondino nasogastrico che tiene ancora in vita Eluana. Una presenza silenziosa la sua che dopo 17 anni di «calvario giudiziario» ha deciso di uscire di scena sfogando la sua stanchezza: «Non parlerò più. Dopo che la Cassazione si sarà pronunciata non lasciatemi un minuto in più in questo inferno».
Intanto in aula il Procuratore generale della Cassazione, Domenico Iannelli rivolgendosi ai giudici ha giudicato inammissibile il ricorso della Procura di Milano, perchè la stessa non era legittimata ad impugnare il ricorso in Cassazione.
Nella breve requisitoria, il pg Iannelli non dice mai che per Eluana si possa staccare la spina. Si limita, infatti, ad affermare che la Procura di Milano non poteva impugnare la decisione della Corte dì Appello di Milano dello scorso 9 luglio che aveva dato il via libera al tutore di Eluana (suo padre) per interrompere l'alimentazione e l'idratazione artificiale. Questo poichè, come prevede la legge, «non si tratta di tutelare un interesse pubblico ma si tratta di una situazione soggettiva individuale».

1 commento:

Unknown ha detto...

Ciao. Ho già avuto modo di commentare in un altro blog su questa straziante vicenda; è estremamente difficile rimanere sereni davanti a tutto questo.
Ciascuno di noi ha la sua coscienza e spesso anche volendo mettersi nei panni di chi (il padre, ma anche i familiari, e tutti coloro che hanno a cuore la "vita" di Eluana) vive l'inferno di questa tragedia, non si riesce più a distinguere dove sta la priorità della Ragione e dei Diritti Umani (compresi quelli del malato che in questo caso non può dire la sua). Ecco che, in verità, emerge un grosso problema che non è originato dal padre o dalle leggi, ma dalla chiesa e dalle sue paure. Paure di perdere anche quel decretato e certo consenso che comunque la chiesa si ritrova. Paure che nascono dal desiderio di non perdere "un'anima", posto che ne esista una, malgrado la perdita delle milioni di anime che nel mondo anche sotto gli occhi spesso impotenti della chiesa si vengono sommando. In più, la paura della morte in quanto tale: se la chiesa amasse veramente la vita non dovrebbe negare che una "seconda vita davanti a Dio" rinasca dalla morte! È insensato non "non far rinascere" Eluana, secondo i dettami della chiesa. Ritengo che sarebbe ora che la chiesa la smettesse di interferire con la reale sofferenza di quella parte di umanità soggetta a regole universali che essa impone; che invece facesse un "atto di fede e d'amore" verso questa condizione di non-vita, dichiarando liberi i giudici e i medici di procedere secondo la giusta strada, liberando quella famiglia dai lacciuoli di una ipocrita, falsa e imperfetta legge morale. La Ragione della vita di Eluana non può essere decisa da queste regole. Mi auguro che il buon senso prevalga, visto che anch'io, da padre già maturo, sto cercando di capire quali sono i panni da indossare per staccarmi dalla vista di una figlia che non soffre più ma è ancora là a far soffrire me.

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