venerdì 16 gennaio 2009

La basilica, il Teatro Olimpico e 'Dal Molin': i contrasti (anche) esistenziali di Vicenza

Ci sono luoghi in Italia che raccontano storie di straordinarie incongruenze culturali e la Storia vi lascia tracce di incompresnsibili contrasti di varia natura. Uno di questi luoghi è Vicenza. Cosa poter dire, oggi, di Vicenza, se non che sia una città affascinante per le sue testimonianze artistiche, ma anche inquietante per gli insediamenti militari USA? Non si riesce a stabilire più un giudizio univoco. Vicenza, città del Palladio, certo, ma anche dei comandanti dell'aviazione statunitense!
Chi giunge a Vicenza (e dintorni) sa di trovare gioielli di architettura rinascimentale, come la famosa basilica nella piazza dei Signori (nella foto). Tanti sono i turisti che vengono ad ammirare quest'opera del Palladio, fin dal lontano Giappone. E naturalmente, questi turisti, completano il tour con le ville palladiane affrescate da Paolo Caliari (Il Veronese). Ma il gioiello dei gioielli è il Teatro Olimpico. Ora, potrei parlare di questo teatro fino a domani, in un vortice crescente di aggettivi positivi, data la sua unicità e bellezza. Ma rischierei di portarvi su altre logiche. Mi limito a dire che non si può visitare Vicenza senza entrare al Teatro Olimpico. L'edificio ligneo (dipinto a finto marmo) fu edificato all'interno dell'Accademia Olimpica per rappresentare un solo spettacolo, l'Edipo Re, nel 1580. Palladio non ebbe modo di vedere la propria opera finita, il suo progetto venne però concluso da Vincenzo Scamozzi. Un teatro straordinario per un solo spettacolo, capite?
La questione è che oggi a Vicenza il presidio permanente 'No Dal Molin' compie un anno di vita (complimenti) e da qualche mese si vedono movimenti di automezzi delle ditte appaltatrici che caricano e scaricano materiali e macerie. L'aeroporto militare è in continuo divenire, presidiato con tenacia, con i cittadini giustamente preoccupati: due basi USA nella città del Palladio? Non ne bastava una per un 'equo' contrasto?
Così, da un lato abbiamo il Teatro Olimpico, costruito quasi mezzo secolo fa, mai rimaneggiato e ancora fulgido e vivo; dall'altro lato abbiamo il 'capolavoro' bellico che non cessa di inquietare e di trasformarsi.
Ora avanzo la speranza che Barak Obama riveda gli accordi stipulati con la locale amministrazione, che Il teatro palladiano rimanga per altri 500 anni e l'aeroporto 'Dal Molin' vada 'in mona' senza lasciare alcuna traccia di sè, per sempre!

2 commenti:

Lucien ha detto...

Sì, speriamo che vada in malora l'aeroporto e che gli americani con Obama cambino completamente politica. E noi cominciamo una buona volta a goderci e a valorizzare le nostre opere d'arte.

coscienza critica ha detto...

@ Lucien
Sempre che Berlusconi non si venda anche quelle ;-)

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