domenica 22 marzo 2009

Mettiamo al bando la parola clandestino (e non solo quella)

Probabilmente ricorderete la nostra lettera aperta ai giornalisti. In quel post facevamo appello all'etica professionale dei pubblicisti, invitandoli a reagire contro un'informazione mediata che si esprime anche attraverso l'uso di una terminologia che trasfigura la realtà. E ricorderete forse anche altri post in cui denunciavamo i metodi di persuasione della tv e il significato che questa dà a certe parole come clandestino.
Ebbene, alcuni giornalisti hanno dato il via a una campagna per abolire l'uso improprio della parola clandestino. Anche noi abbiamo aderito, anche se in questo blog la parola clandestino è stata sempre sostituita con ospite straniero o migrante.
Siamo di fronte a un primo, vero moto d'orgoglio giornalistico, forse. Vi sono anche altre formule verbali da correggere, altre definizioni da rivedere. Ma soprattutto, speriamo che questa campagna dia il la a tutta una serie di reazioni interne alla professione giornalistica, capaci di mettere sotto scacco le ingerenze del regime nell'informazione.
Però noi di ITALIANI IMBECILLI non possiamo sfuggire alla seguente riflessione: ci sorprende il fatto che debba essere necessaria una campagna per far abolire una parola, quando invece dovrebbe essere sufficiente far appello alla propria, individuale coscienza. Ma tant'è, ben venga anche una petizione..
Per aderire alla campagna cliccate QUI
Glossario-vademecum: le parole da mettere al bando

18 commenti:

Anonimo ha detto...

Scusa, fermo restando che spesso la parola viene usata in modo mistificatorio e fazioso, secondo me non andrebbe abolita. Se uno arriva in Italia in modo illegale, è e rimane un clandestino. Altrimenti bisognerebbe abolire anche "ladro" o "assassino". Non ha senso abolire le parole. Occorre abolire l'uso criminale delle stesse, ma lì la strada è un po' più dura, lo ammetto.

progvolution ha detto...

è triste ma bisogna convenire che gran parte dei giovani giornalisti sono stati travolti dalle regole della flessibilità e sono sul declivio del precariato, pagato a cottimo e sfruttati pertanto lavorano superficialmente e non possono garantire libera informazione.
Detto questo un'altra parola da abolire immediatamente è "barbone" invece che homeless. Un vero schifo
Sussurri obliqui

coscienza critica ha detto...

Franz, è evidente che la parola non verrà abolita dal dizionario. Se leggi meglio, nel secondo capoverso dicevamo di 'abolire l'uso improprio della parola clandestino'.
In un altro nostro post, mettevamo in evidenza che 'clandestini' si diventa (per effetto di una legge) e non lo si è, non ci si nasce; quindi nessuno entra in un altro Paese illegalmente. Esempio: io sono incensurato e mi reco in un Paese dove vige una legge secondo cui tutti quelli che sono vestiti come me sono dei criminali. Io divento criminale, ma non lo sono.
Spero io sia stato chiaro.

@ progvolution
Concordo con il tuo suggerimento. 'Barbone' è una parola ignobile. Si può dire anche clochard (abitatore di campanili - vedi Quasimodo) o, sempre restando in area gallica, 'sans abri' che si traduce in 'senza tetto'.

Kristel ha detto...

Già tempo fà pensavo che mi piacerebbe leggere un giornale dove vengono riportate notizie senza specificazioni come "clandestino", "extacomunitario", "zingaro" etc. Che si partisse sempre dal presupposto "siamo tutti semplicemente esseri umani". Abbiamo tutti un nome e questo dovrebbe essere sufficiente per un'informazione corretta.

In un certo senso ha ragione Franz dicendo che l'abolizione delle parole non cambia la realtà. Ma cambia il modo in cui la percepiamo.
Le parole suddette sono come i mattoncini che compongono il muro tra "noi" e "loro". Togliendone qualcuno il muro sarà forse meno saldo e cambiando l'approccio forse cambierà anche la realtà.
Un caro saluto!

Alberto ha detto...

Sì, le parole pesano, ma non cambiano la sostanza. C'è forse differenza fra cieco e non vedente? O fra spazzino e operatore ecologico? La lista è lunghissima.

coscienza critica ha detto...

@ Kristel
@ Alberto
Se consideriamo la forza di persuasione della tv, ci accorgiamo che anche una piccola parola, detta in un certo contesto, può fare la differenza nella coscienza degli italiani (un popolo che ha imparato tutto dalla tv). La parola 'clandestino' è stata per troppo tempo associata a contesti criminali. Bisogna che gli italiani apprendino a considerare le parole nel loro giusto significato. Oggi 'clandestino' è uguale a 'criminale' che è uguale a 'un certo tipo di straniero'.
Attenzione, allora, perché dire che 'tanto è uguale', vuol dire criminalizzare tutti, anche un animo gentile che si trova a varcare le nostre frontiere senza un documento. A meno che quelli senza documenti non siano tutti dei criminali. Io ho perso la patente.

Anonimo ha detto...

le parole sono come le pietre...pesano

coscienza critica ha detto...

@ Coldismyheart
Le parole diventano ancora più pesanti se vengono lanciate dalla tv

Anonimo ha detto...

Ho appena aderito. anche se noto che alla fine la campagna era partita nel 2008 e ha raccolto solo 179 firme. Purtroppo.

Spero che la gente si svegli un poco. Almeno un poco.

coscienza critica ha detto...

@ Le Favà
Sì, l'iniziativa ha un anno, ma è stata ribadita ieri, in occasione della giornata ONU contro il razzismo. Il giornalista Carlo Gubitosa, promotore dell'iniziativa insieme ad altri, ha riproposto nel suo sito questa petizione che, ad onor del vero, sembra più urgente oggi.
Il numero esiguo di adesioni è anche dovuto a difficoltà tecniche di iscrizione (le abbiamo avute anche noi), ma ti dò atto che, comunque, rimangono pur sempre troppo poche. Facciamo affidamento ai gruppi di redazione (come quello di RaiNews24 che ha aderito)

Viviana ha detto...

Abolire quelle parole non serve assolutamente a nulla, e solo ipocrisia. Insegniamo invece a quelle persone che usano queste parole, ad adoperarle nella maniera corretta, dando loro il giusto peso. Quei giornalisti con i loro servizi fanno solo terrorismo psicologico e sta a noi capire se le loro parole sono degne di essere ascoltate o no.

Anonimo ha detto...

Le parole sono convenzioni.Anzichè 'mela' potevamo chiamarla 'gigia'ed era uguale. E' il significato che si da' alla parola che da' il senso alla parola stessa, ed è vero che oggi in italia per extracomunitario si intende una specifica categoria di persone connotate da valenza negativa. Non si usa il termine extracomunitario per, chessò, un inglese o un tedesco che vive qui...non chiamiamo extracomunitari gli americani dei villaggi delle basi usa ecc ecc. In questo senso è giusto 'abolire' il suo significato negativo.

Vincenzo Cucinotta ha detto...

Aldilà del caso specifico, sulle parole si combatte sempre una battaglia di tipo ideologico. La battaglia ovviamente non riguarda se dire mela o gigia. La battaglia riguarda le border-words, le parole di confine. Insomma, sarebbe come scegliere se il colore lilla vada associato al viola oppure al rosso. Usare un termine al posto di un altro non è quindi sostituire un suono con un altro, ma associare una certa situazione alla situazione uno piuttosto che alla situazione due. In questo senso, mi pare che la proposta vada senz'altro accolta.

coscienza critica ha detto...

In termini semiologici, la parola è un significante (grafico e fonetico) che, perciò, possiede un significato preciso.

Anonimo ha detto...

Sono d'accordo con il contenuto del post.
Le parole sono importanti, servono per comunicare. Abolire quelle che sono diventate etichette negative per motivi razzisti, mi sembra un dovere.

➔ Sill Scaroni ha detto...

Clandestino è una parola che porta con sé l'onere di esclusione come è un termine discriminatorio.

Bonita atitude.

Ciao.
Sill

Anonimo ha detto...

Lunedì 30 alle 21.15 (?) in un locale dell amia città (l'espace populaire di Aosta) ci sarà proprio un incontro con Guadagnucci di Giornalisti contro il razzismo. Se riesco ad andare, vi racconterò che impressione mi ha fatto. Ciao

coscienza critica ha detto...

@ Mario
Attendiamo le tue impressioni. Grazie :-)
(vedi mail)

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