giovedì 5 marzo 2009

Sandro Bondi e la rai: ingerenze, mascherate da lodevoli iniziative


Il ministro della cultura, Sandro Bondi, vuole -dice lui- imitare la Francia e ha avanzato l'idea di trasformare la televisione pubblica in canali culturali, sganciati dai vincoli dell'Auditel e della pubblicità.
Detta così, sembra un'iniziativa davvero pregevole, promossa da un illuminato intellettuale che pone in cima ai propri interessi l'acculturamento delle masse. Ma noi sappiamo che Bondi non ha certo questa ambizione. Cosa c'è dietro? Dov'è l'inghippo?
Ancora una volta, il governo vuole fare gli interessi del suo padrone, nascondendosi dietro innocenti e lodevoli iniziative. Noi non ce la beviamo più, vero? Noi sappiamo che dietro ad ogni proposta del governo, apparentemente saggia, si nasconde la magagna, la presa in giro e un interesse di parte (e di partito).
Anzitutto la proposta di Bondi non dovrebbe essere indirizzata al Cda della rai, come egli ha fatto, bensì al Parlamento che, semmai, potrebbe trasformare la proposta in disegno di legge. Indirizzare tale proposta direttamente al Cda vuol dire, ancora una volta, infischiarsene delle istituzioni democratiche e rivendicare, invece, il diritto al diktat (questi ministri hanno davvero imparato la lezione dal loro padrone!).
Dietro alla proposta di Bondi, in realtà, c'è il progetto di Mediaset di accaparrarsi tutto il mercato pubblicitario. La trasformazione della rai in canali culturali non fa altro che indebolire la rai stessa, svuotandola di telespettatori e facendo così migrare la pubblicità, dalla rai a Mediaset. Chiamali fessi!
Lo sganciamento della rai dal sistema di rilevamento Auditel, poi, vuol dire togliere alla rai la possibilità di sapere quante decine di spettatori avrebbe al giorno e quanti ne perderebbe ogni ora!
Se Bondi avesse avuto davvero a cuore la cultura degli italiani, si sarebbe dovuto dimettere quando è stata approvata la schifosa 'riforma' Gelmini!

13 commenti:

Anonimo ha detto...

L'unica riforma della rai che approverei è quella di slegarla dalla logica del parlamento, e ovviamente dei politi e dei partiti. E' pubblica non roba loro. Come si dice.

Quella si che sarebbe cambiamento.

Poi come dici tu, la Francia può, visto che Sarkozy non ha nessuna televisione privata, come nessuno nel mondo delle democrazie occidentali.

E come dici tu, così facendo, si darebbe tutto in pasto a Berlusconi. eh, Bondi. Facesse solo le poesia non sarebbe male. Purtroppo....non è così.

coscienza critica ha detto...

@ Le Favà
E' doveroso inserire nel nostro programma una riforma della rai in tal senso, sganciata dalla politica.
Riguardo alle tue proposte nel commento precedente, sono tutte approvate. Grazie mille: ottimo contributo :-)

Unknown ha detto...

Se il gioco fosse serio rischierei un po' di cultura in più e zero pubblicità.

coscienza critica ha detto...

@ Riverinflood
A chi lo dici! Sono anni che aspetto che rai3 si sganci dalla pubblicità e potenzi il palinsesto di Teatro, Arte, Letteratura...
Ma, come hai visto, gli scopi son diversi, ahimé!

Danx ha detto...

Non so quanto sia schifosa la riforma Gelmini e non so cosa centri col post che parla della tv, ma so che Berlusconi, pochi mesi fa, in un incontro con industriali, chiese loro di diminuire le pubblicità delle loro aziende sui canali pubblici, poichè imperversano messaggi contro la serenità, la tranquillità.
Odioso questo premier che vuole nascondere la polvere sotto al tappeto!

La pubblicità è sempre più imperante in Rai e ciò mi disturba, anche se la tv in pratica non la guardo mai, tranne che per Blob, il programma della Dandini e Mai Dire.

coscienza critica ha detto...

@ Danx
Berlusconi odia moltissimo la pubblicità (della rai)

Anonimo ha detto...

Sono anni che Berlusconi scippa pubblicità alla RAI. E' un campo ghiotto: si tratta di tanti milioni di euro, tanti quanti non possiamo neppure immaginare.
Personalmente non approvo la pubblicità per la sua essenza, perchè è pericolosa: crea frustrazione e false aspettative, soprattutto nei giovani; innalza i costi dei prodotti, istiga a comportamenti scorretti e inganna il consumatore.
Tuttavia esiste, nessuno potrà proibirla, ma non si può permettere che sia tutta gestita dalla stessa persona.
Immagino poi, quanto aumenterebbe il canone RAI senza le entrate della pubblicità.
Grazie a voi per aver messo in risalto questa notizia, mi era sfuggita.

coscienza critica ha detto...

@ holamotohd
Attualmente, le percentuali pubblicitarie dovrebbero essere così distribuite: circa 60% a Mediaset - circa 40% rai.
Ma all'episcopello di Arcore non basta!!!

Juanne Pili ha detto...

Non dimentichiamo Endemol, azienda dello psico nano, che è ben infiltrata anche nella RAI. Io credo che l'interesse sia più politico che aziendale ... hai presente i film dell'istituto luce? ... ecco, appunto. ;-)

coscienza critica ha detto...

@ sytry82
Certamente l'interesse è anche di natura politica. Non esiste tv nazionale senza questo interesse.

Anonimo ha detto...

Io vorrei una rai che facesse cultura (come lo si faceva 30anni fa), non per forza staccandosi dalla pubblicità, ma forse chiedo troppo.

mi basterebbe una rai che la smettesse di mandare in onda cazzate. reality e altri programmi idioti (deusagno - è sempre in onda? - o altri del pomeriggio di rai due)

coscienza critica ha detto...

@ BECA
Anche se 30 anni fa la rai era sicuramente migliore di adesso, credo che la tv non abbia mai offerto una vera cultura. Ho una certa età e non ho mai visto alla rai programmi o interventi di VERO approfondimento culturale; ad esempio, un programma concepito espressamente per analizzare iconologicamente film d'impegno sociale (Pasolini) o pièces teatrali. quando se ne è parlato è stato fatto in maniera troppo superficiale e, quindi, ridicola.
Ciao

masterblasted ha detto...

Berlusconi è un grande statista.
Andate su questo indirizzo e scegliete, nei "VIDEO CORRELATI", a sinistra, quello che si chiama "FILMATO INEDITO BERLUSCONI".
http://video.google.com/videoplay?docid=-9003995234721807718
Se non è un sosia siamo proprio rappresentati a meraviglia da questo grande statista.

.

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