domenica 22 agosto 2010

La concretezza dell'omelette

A un certo punto, si arriva sempre a indugiare sufficientemente su alcuni problemi che riguardano la società. Sufficientemente per cosa? Semplicemente per constatare il fatto che ogni problema sociale ha una sua soluzione e che questa soluzione necessita di tempi più o meno lunghi per la sua realizzazione, scelte coraggiose e radicali. Come migliorare la società? Come organizzare, ad esempio, una vera integrazione socio-lavorativa delle persone straniere, portatrici di nuove culture e di indubbi valori-altri? Come offrire a tutti il benessere? Tempi lunghi, dicevamo, e per noi, esseri immobili, incerti, dubbiosi e plagiabili, questi sono ancora tempi di assestamento, 'di passaggio'. Il compimento dei sincretismi richiede metabolizzazioni, processi di assimilazione naturale. Gli esseri umani, con le loro azioni coscienti e assennate, possono agevolare questi processi, quindi accorciare i tempi e ottenere le soluzioni a cui anelano.
Al di là del 'fattore tempo', fisiologico, quello delle scelte coraggiose e radicali è, a nostro giudizio, la chiave di volta per rimodellare con più velocità le fondamenta di una nuova società, basata su una vera eguaglianza, una società più umana e benigna. Proprio discutendo di queste cose (Malatesta avrebbe giustamente parlato di 'vie e di mezzi'), si finisce anche inconsapevolmente per imboccare la strada delle soluzioni offerte dal pensiero anarchico.
Tutte le persone, nel corso della loro vita, hanno bussato più di una volta alle porte dell'anarchismo, anche senza saperlo. Ad esempio, quante volte abbiamo detto 'qui è tutto che non va' oppure 'bisognerebbe cambiare tutto': la via anarchica è già tracciata. Tuttavia, le scelte coraggiose, poi, mancano. L'ora dell'azione si fa ben aspettare. Ormai, nella nostra società bacata non ci si può più concedere il lusso di stare fermi intorno al problema come farebbero i medici intorno a un tavolo d'obitorio universitario, non si può rimanere ancora attaccati allo studio dell'anatomia di quel problema, il morto è già morto e le cause del decesso si conoscono da tempo, piuttosto occorre agire. L'azione richiesta, necessaria, non è delle più agevoli, certo, ma è risolutiva. Ribaltare tutto il sistema, dalla base, non è da tutti, eppure dovrebbe esserlo. E' certamente anche un fatto di coscienza (come dicevamo, quanti di noi non hanno mai detto 'qui è tutto da cambiare')?
Studiando l'anarchismo, nonché il pensiero dei suoi nobili padri, si arriva inevitabilmente a stabilire che quella che viene chiamata 'utopia', in realtà è un insieme di idee e di soluzioni plausibili, possibili, auspicabili. Ma l'idea diventa concreta solo quando la si realizza, mai prima. Se vogliamo parlare in termini pseudo filosofici, secondo la regola degli opposti e dei contrari l'anarchismo non è l'astrazione che si contrappone alla concretezza, bensì un ideale che si contrappone a un ideale già concretizzato e di cui nessuno è contento, salvo coloro che muovono i fili di questo sistema. E' evidente che 'per fare un'omelette bisogna prima rompere le uova', ma basta esserne coscienti e avere il coraggio di incrinare i gusci. E' una scelta radicale, ma necessaria.
EDG

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2 commenti:

Jinocchio ha detto...

Verissimo: ho scoperto di essere anarchico leggendo i tuoi post.

coscienza critica ha detto...

Complimenti, Jinocchio :-)

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