domenica 30 gennaio 2011

L'Uomo e la bestia: cosa vuol dire essere in cattività?

Un cittadino governato è sempre controllato, guardato a vista, inquadrato dentro recinti legislativi e morali. I suoi padroni sono infatti lo Stato e la Chiesa. Questa grama condizione, che non è per nulla naturale, è uguale a quella degli animali tenuti in cattività. E siccome le parole hanno un senso, soffermiamoci proprio sulla parola 'cattività' e domandiamoci il motivo per cui un animale tenuto sotto controllo e costretto a seguire regole che lo privano della libertà, venga definito 'animale in cattività'. La risposta è facile ed ovvia, direte voi. Ma certo, se si prende un animale e lo si pone in un recinto, gli si dà da mangiare a orari prestabiliti, gli si regola tutta la vita... va da sé che quell'animale maturi una predisposizione inconscia alla cattiveria, e prima o poi morderà il collo di chi gli tende il cibo ogni giorno 'con amore', a orari prestabiliti. Lo stesso discorso vale per gli animali nati in cattività. Facile ed ovvia questa risposta? Ne siete sicuri? Come mai allora, spesso, di fronte a un atto violento della bestia tranquilla nei confronti del padrone, quasi tutti si stupiscono e dicono: 'che strano, era così buono, non aveva mai fatto male a nessuno'? Piuttosto non sarebbe più corretto chiedersi se non sia stato il padrone il vero violento-violentatore? E dire che proprio colui che aveva ingabbiato l'animale l'aveva pure definito 'in cattività', doveva anche aspettarselo un bel morso sul collo, prima o poi, come reazione naturale. E' evidente che questa definizione, 'in cattività', è un errore del sistema, una svista che rivela il trucco. Chi ha costituito questa definizione lessicale avrebbe dovuto inventare qualcos'altro di più rassicurante, ad esempio 'animale tenuto in serenità' o 'in ordine'. Ma non importa, pare che il significato della definizione 'in cattività' sia ormai ignorata da troppi. Perciò ne parliamo.
Sapete voi, ora, trasportare tutto questo discorso nel rapporto Stato-cittadino? Sì? Ci evitate la fatica di scrivervelo? Bene. Però qualcosa di diverso tra animale e Uomo c'è, ed è ancora più aberrante. La differenza tra la bestia e il cittadino è che la bestia non sceglie di stare in cattività, mentre il cittadino è felice di poter scegliere colui che gli metterà la corda al collo e l'anello al naso. Quando il cittadino non ne può più di un governo, non vede l'ora di andare a votarne un altro. E' felice di illudersi e di offrirsi al nuovo padrone. Questa felicità della schiavitù deriva dall'ignoranza, dalla coscienza distorta, dalla modifica forzata degli equilibri psichici. Un animale, checché se ne dica, ha una psiche molto più forte e meno plasmabile di quella di un essere umano. Sicché il cittadino odierno, tenuto in cattività e nell'illusione, è davvero convinto di vivere in una naturale condizione di libertà, come se la scelta del padrone fosse persino un suo privilegio. Quanto è stupido l'Uomo rispetto alla bestia? Ma le aberrazioni non finiscono qui, c'è di peggio. Quando ai cittadini tenuti in cattività viene mostrata la verità, cioè il cancello del loro recinto, la libertà, essi ne hanno paura, voltano la faccia, non vogliono credere. Infatti siamo assolutamente certi che adesso, leggendo questo post, ci sarà qualcuno che dirà: 'tutte stronzate'. Perciò riformuliamo la domanda: quanto è stupido l'Uomo? Per inciso, le proteste popolari, i cortei, gli scioperi... non servono a liberarsi veramente (voi protestate per avere un altro padrone), non servono a rompere i recinti. Spesso protestare diventa solo un alibi per la propria coscienza. Scalciate quanto volete, ma finché rimanete nel recinto sarete schiavi e condannate anche gli altri ad esserlo. Vergogna!
Ma ad onor del vero, noi biasimiamo questi cittadini fino a un certo punto, perché tra questi esseri umani tenuti in cattività (da circa tre millenni) vi sono donne e uomini che stanno cercando di abbattere il recinto, stanno indicando agli altri la via d'uscita. Sono gli anarchici, quelli che -per il potere statale oppressivo- non devono passare come fari illuminanti, amanti dell'umanità, ma come criminali (distruggere il recinto è reato, mostrare le libertà è reato). Perciò gli anarchici vengono perseguitati dallo Stato e dai suoi feroci apparati. Certo è che finché ci saranno cittadini sordi e ciechi, votanti, felicemente schiavi, sarà dura distruggere quel recinto. Finché ci saranno cittadini che daranno credito allo Stato e alla sua propaganda, ai governi, alle polizie, alle leggi (leggasi orari, modalità e luoghi prestabiliti ove poter mangiare e passeggiare), sarà più difficoltoso conquistare la libertà, la vita naturale, la fuga dalla cattività. Fino a incontrare quelle persone che, non paghe della loro schiavitù, trascinano anche gli altri al centro del recinto e accusano chi tenta di abbatterlo: sono persone che agevolano il lavoro dei governi (di qualsiasi colore), delle polizie e dello Stato; sono le persone che, per prime, intrise fino al midollo di propaganda di Stato, dichiarano gli anarchici violenti.
Allora facciamo doverosa chiarezza. Quando una bestia stanca della cattività aggredisce il padrone, questo è naturale che avvenga. Quando un cittadino stanco della cattività decide di estirpare i chiodi dello steccato, per favore, non accusatelo di essere un criminale e un violento. Egli vuole la libertà per sé e per gli altri, e l'azione che può sembrare cattiva è solo il risultato -ovvio e naturale- della sua grama condizione di cattività. Seguite quel cittadino! A voi non farà MAI del male. Siamo tutti fratelli e sorelle.

('Non esistono animali selvaggi, ma solo animali liberi' - Leon Shenandoah: capo pellerossa)

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10 commenti:

Simona ha detto...

Quale miglior modo di uscire dal recinto se non ribellarsi manifestando, non per avere un altro padrone, ma per denotare un dissenso verso QUALSIASI forma di sottomissione del popolo? Non è forse il "farsi sentire" un modo per far aprire gli occhi a chi li chiude volontariamente al fine di non vedere la triste realtà?

coscienza critica ha detto...

Le proteste sono sacrosante, rivelano un'insofferenza. Ma se le proteste sono un sintomo, queste, se non supportate da una coscienza anarchica, libertaria, si svolgono per inneggiare a un altro governo, a un altro padrone. Ed è quello che avviene sempre. Le persone protestano avendo nella testa e nel cuore il desiderio di andare a votare. Quindi è tutto inutile, il Gattopardo è sempre in agguato e vince facile. Prima di fare una protesta efficace e risolutoria, bisognerebbe conoscere l'anarchismo. Chi non conosce l'anarchia o se di essa ha in mente i pregiudizi imposti dalla propaganda di regime, non potrà mai comprendere che la vera rivoluzione consiste nel non andare a votare.

coscienza critica ha detto...

Commento bis:
Queste proteste non portano mai fuori dal recinto, è solo uno scalpitare al suo interno. Se non si capisce questo, è tutto inutile.

Lalla ha detto...

è uscito "zeitgeist moving forward" il terzo capitolo
penso che sia da vedere si avvicina molto, anzi è stato definito anarco.ecologista. comunque merita
si trova sul sito ufficiale , attivare i sottotitoli

Simona ha detto...

Allora come si può uscire fuori dal recinto? Quando parlo di proteste, credo, forse troppo utopicamente, che esse siano supportate da spirito anarchico che non inneggia ad un nuovo e sempre più dittatoriale governo, bensì che vuole mostrare a tutti il proprio disgusto verso chi pretende di comandarci. Naturalmente non sto parlando solo dell'attuale gabinetto, ma di tutti coloro che fanno parte di quella cerchia di persone che stanno in Parlamento a sputare leggi ad personam con lo scopo di prenderci tutti per il culo. L'astenersi dal voto è un buon modo per rivoluzionare le cose, ma realmente quante possibilità ci sono che gli italiani prendano coscienza di ciò?

coscienza critica ha detto...

Simona, ci sono domande come quella tua che si trascinano da 3000 anni e intanto siamo fermi ad Hammurabi (re di Babilonia). Se invece di fossilizzarci su queste domande, si fosse fatto e basta, a quest'ora non staremmo in queste condizioni, e da un bel pezzo. Saremmo liberi davvero. Gli italiani non aspettano altro che queste domande per avere la scusa di non fare nulla, per avere il pretesto di farsi comandare. Tipo:
1) ma saremo pronti?
2) e poi che si fa?
3) come si fa a convincere gli altri?
4) e se poi è peggio?
5) e in che modo ci organizzeremo?
6) con questa gente?
7) non servirà sempre un qualcuno che dirige?
8) non sarà un'utopia?
eccetera, potrei fare una lunga lista.
Queste domande sono tutte scuse. L'ideale anarchico è un'opzione politica studiata da grandi filosofi e intellettuali, e altrove è stata già applicata con successo. La protesta, ripeto, è un sintomo di disagio, ma alla quale deve far seguito l'abolizione dei governi, di tutti i governi (ecco come si esce dal recinto). Se non v'è coscienza di questo (ed è vero che ce n'è poca, oggi) cominciamo a dire intanto cos'è realmente l'anarchia, svuotiamo la testa dei luoghi comuni (ormai penosi e tristi). L'anarchia è super organizzazione, non è caos e violenza, non è vero che non ha regole.
In questo blog, se avrai pazienza di seguirci, scriveremo un articolo che dimostra chiaramente e storicamente che l'essere umano ha potuto vivere pacificamente per millenni senza schiavi nè padroni. Si può. Volere è potere.

Simona ha detto...

E' parecchio che seguo questo blog e lo trovo molto interessante. Comunque per precisare, io non sto facendo domande per avere delle scusanti, ma per comprendere meglio quello di cui stiamo parlando. Le domande sono importanti per riuscire ad analizzare le situazioni, come fanno i filosofi appunto e come fece Proudhon immagino, la cosa importante è non limitarsi solo a esse e agire prontamente. Porgere e porgersi delle domande, informarsi, analizzare le cose e agire, manifestare sono cose inscindibili se si vuol fare qualcosa bene: non si potrà mai agire senza un minimo di pensiero e di organizzazione, come non ci si può nemmeno fermare alla sola ipotesi senza fatti concreti.

coscienza critica ha detto...

Giusto. Brava.

Anonimo ha detto...

premetto che seguo da poco questo blog, quindi avrò un concetto di anarchia diverso da quello reale.
Se è vero che anarchia è assenza di un potere superiore che garantisce la serenità quotidiana (anche se questa serenità attualmente non è presente in ogni ceto sociale), allora come potrebbero dei cittadini onesti difendersi dalle persone malavitosi o scorrette?
Mi sembra di capire affinche ci sia anarchia devono esserci prima dei pressuposti- gente onesta che non cerca la ricchezza materiale...- cosa che oggi non è pensabile ... c'è bisogna di una rivoluzione interiore il resto viene da se

francesco c.

coscienza critica ha detto...

Francesco, la tua domanda rivela certamente una lacuna circa la conoscenza del vero anarchismo, ma la tua sincera volontà di approfondimento è elogiabile.
In realtà la questione che apri è stata ben affrontata non soltanto dagli anarchici (già un secolo fa), ma anche dagli antropologi. E' assai facile rispondere. Vedi, oggi noi siamo abituati a valutare tutto in base al nostro contesto, alla nostra cultura, alle nostre conoscenze. E' logico che sia così. Ci hanno costruito una cultura del dominio e non sappiamo concepire qualcosa di diverso. Il problema è quindi di 'ambiente', meglio ancora, di àmbito culturale, di sistema culturale. E' una questione di piani di percezione e di conoscenza. Un individuo che, invece, nasce e cresce in un contesto armonioso e anarchico, dove non esistono servi e padroni (si può fare, si è fatto, ma sui libri non lo scrivono mai), avrà lo stesso 'imprinting' e si comporterà di conseguenza, ben sapendo che ogni eventuale atto di dominio e di violenza potrebbe nuocere a se stesso e agli altri. In un ambiente anarchico, libero, super-organizzato, le azioni degli individui sono volte naturalmente al bene collettivo, salvo nei casi in cui si ha a che fare con persone affette da malattie mentali.
Allora la natura dell'Uomo non è malvagia? No, nei casi di 'normalità' mentale. Questo è stato appurato anche scientificamente, se non altro perché l'essere umano, come gli altri esseri viventi, pone come suo scopo la salvaguardia della specie, non la propria autodistruzione.
Quindi, sì, occorre una riedificazione di una coscienza (bada bene al verbo ri-edificare, non è un caso), una coscienza libertaria. Fare questo significa rivedere tutto, mettere in discussione ogni elemento che questo sistema ha costruito artificialmente. Non è un caso che il sistema-Stato censuri l'anarchia, la denigri, la criminalizzi. Far attecchire l'ideale anarchico vuol dire far morire lo Stato, abbattere tutto il sistema, i governi, tutti quei modelli che ci imprigionano e che sono stati costruiti apposta per mantenere privilegi e gerarchie e dove il popolo è sempre suddito. E' ora di cambiare.

Potrei suggerirti la lettura di quest'altro nostro post, ci sono risposte alle domande dei miei amici non anarchici, simili alla tua, come la tua:http://italianimbecilli.blogspot.com/2010/12/limiti-culturali-nellinterpretazione.html
Ciao

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