martedì 1 febbraio 2011

Perché (e come) lo Stato va abolito


Introduzione ipotattica e sintetica:
- Dolore, oppressione e morte sono gli effetti delle guerre.
- Le guerre sono gli effetti dei sentimenti nazionalisti.
- I sentimenti nazionalisti sono gli effetti dell'esistenza delle Nazioni.
- Le Nazioni sono gli effetti dei creatori degli Stati e dei confini.
- Gli Stati e i confini sono gli effetti di una volontà di dominio esercitato attraverso l'uso della forza fisica.
- Il dominio è l'effetto di una personalità malvagia.
- La personalità malvagia è l'effetto della necessità di un'autodifesa.
- L'autodifesa è l'effetto della consapevolezza di essere 'deboli rispetto a'.
- L'essere deboli è l'effetto della carenza di aiuto e di solidarietà *.

Perciò:
il dolore, l'oppressione e la morte per cause belliche (ma anche per altre cause, come le morti sul lavoro e/o per indigenza) hanno alla base la debolezza di alcune persone che, avendo eliminato con la forza l'antica solidarietà degli esseri umani, da qualche millennio esercitano il dominio sui popoli attraverso governi, leggi e soldati, posti a sorveglianza degli Stati. La persistenza nel tempo di questo modello aberrante, statale, gerarchico, è garantita da due fattori principali e consequenziali:
1) la menzognera autopropaganda dello Stato, quale sedicente organo di tutela dei cittadini, nonché unica soluzione possibile per la gestione del potere.
2) la conseguente distorsione della coscienza degli individui che ha assimilato e metabolizzato tale propaganda (continua, permanente).

Ne consegue che:
i cittadini percepiscono il modello statale, abilmente propagandato, non soltanto come il solo possibile, ma anche come l'unico giusto (ricordiamo Flatlandia). Secondo questi cittadini ignari, le guerre, anche se oggettivamente orribili, diventano episodi ineluttabili, se non fatali, addirittura auspicabili e necessari. Questi cittadini, credendosi parte dello Stato ('lo Stato siamo noi,' altra menzogna), possono sentirsi infine coinvolti e chiamati a partecipare alla difesa armata dei 'loro' confini. La Storia insegna o dovrebbe insegnare.

Proposta:
l'Anarchia combatte questo modello aberrante (lo Stato) e propone una politica egualitaria, perequativa, giusta, solidale, senza dominio, senza oppressione, senza gerarchie, senza necessità di guerre. Il cambio del modello è inteso come un 'restauro di liberazione' (esiste davvero come metodologia del restauro, passateci questa analogia), dove le sovrastrutture create dalla propaganda di Stato vengono culturalmente abbattute, per liberare alfine quella morale umana che è tesa alla conservazione della specie (non all'autodistruzione) quindi alla collaborazione tra gli individui. Questa morale naturale esiste, è necessario farla riemergere per creare una nuova umanità, basata sull' *aiuto e la solidarietà. Lo Stato esercita sull'Anarchia una costante diffamazione, proprio per non far attecchire nel popolo l'idea di una nuova politica senza più sudditi. Studiare l'Anarchia diventa dunque indispensabile per contrastare l'azione denigratoria dello Stato e la sua autoreferenzialità permanente.

PS. 300 anni fa, quando in Europa non v'erano che monarchie e palesi dittature, il modello repubblicano era considerato esattamente come l'Anarchia, un'utopia irrealizzabile. La repubblica poi si realizzò, ma essendo cresciuta all'interno del modello statale gerarchico, essa non ha mai mantenuto le sue promesse (non è mai esistita una cosa pubblica, nè una democrazia, e la legge non è mai stata uguale per tutti).

Immagine: 'Effetti del cattivo governo' - A. Lorenzetti (particolare) XIV sec.

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