sabato 23 luglio 2011

Propagandare il terrore? Ormai solo i bambini piangono

La guerra santa contro 'l'infedele islamico' dura da sempre. In gioco non c'è soltanto la partita cristianesimo-islamismo, ma anche quella tra l'ideologia razzista fascista e le politiche di accoglienza che trovano larghissimo consenso nelle masse oneste, le quali evidentemente sanno bene che il pericolo non parla propriamente l'arabo. E proprio in virtù di queste masse che guardano preoccupate più al proprio portafoglio vuoto piuttosto che all'ipotetico pericolo levantino, i media di regime si prodigano nella più becera e stupida propaganda razzista. A Oslo l'attentatore non era musulmano, ma un occidentale assertore dei vomitevoli principii di destra, che naturalmente vengono conditi in salsa cristiana. Come dire: in una mano il fucile, nell'altra il rosario, in cuore tanto odio e nella testa monnezza. E senza neppure attendere la verità sull'identità dell'attentatore, pseudogiornalisti prezzolati avevano già messo in piedi il castello accusatorio contro il solito ed illusorio terrorismo islamico. Questi avvoltoi, assatanati di lugubri vendette razziste, vivono nelle redazioni aspettando qualsiasi tipo di notizia che possa prestarsi alla manipolazione per il tornaconto dei miserabili intenti fascisti. Sono loro il vero pericolo della società, è la propaganda di Stato che coincide con quella vaticana.
Non esiste nessun pericolo islamico. I vari governi ci hanno ormai abituati a questo genere di invenzione, ma hanno fatto anche di peggio. Infatti non dobbiamo scordare che le stragi di Stato, inizialmente attribuite ad anarchici e/o a brigatisti di sinistra, sono state compiute da quel fascismo strisciante che ha sempre operato con le istituzioni dello Stato e con i servizi segreti. Lo Stato è fascista per indole e per costituzione, non potrebbe essere diversamente. E ogni informazione che passa attraverso i canali ufficiali è sempre stata controllata, manipolata, censurata, distorta. Non è vero che l'informazione controllata sia prerogativa di questi ultimi anni. C'è sempre stata.
Ora, onestamente, tutto ciò ha del patetico. Se è vero che il popolo si lascia imbonire facilmente, è anche vero che la propaganda di Stato bisogna anche saperla fare. Esistono tecniche raffinate che toccano con grande abilità la psiche delle persone: la scelta precisa di una parola piuttosto che un'altra potrebbe richiedere anche molto tempo, anteporre una proposizione ad un'altra sì che cambi la percezione di un fatto è anche questa un'operazione di finissima strategia mediatico-letteraria... Ma questi fantocci nelle redazioni hanno davvero toccato il fondo della banalità e della mediocrità, la loro è diventata propaganda per bambini di sei anni, non se li fila più nessuno, se non i fedelissimi cittadini-servi che pensano e agiscono solo in base a ciò che viene loro raccontato. Ma quanti ancora possono davvero credere ai racconti del terrore diffusi a mezzo tv e giornali? C'è qualche adulto che ha ancora paura del babau?
Se da un lato la politica del terrore è quella che sostiene l'impalcatura (fragile) degli Stati, dall'altro lato è la propaganda che mantiene vivo il sentimento di terrore e che induce la gente a credere che esistono chissà quali pericoli. 'Ci difenderà lo Stato', dicono i più ingenui. Ma come fa uno Stato a difenderci, se è proprio lui il fautore di ogni imbroglio e crimine? Se c'è una cosa di cui il popolo deve difendersi, semmai, è proprio lo Stato, con i suoi governi, le polizie, i giornalisti venduti, le caste politiche e sacerdotali. La verità? E' lo Stato ad avere costantemente paura del popolo.

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