martedì 13 dicembre 2011

L'indignazione non è una moda

Tutti si lamentano dei privilegi della casta. Molto bene. Solo che i privilegi esistono da quando esistono i governi e le autorità, e continueranno a esserci anche in futuro. E di questa indignazione, che oggi si tocca con mano, i nostri nipoti non ne sentiranno nemmeno l'odore, così come noi oggi non sentiamo l'odore dell'indignazione del popolo nel 1920.
Se poi prendiamo i giovani di oggi, cosa volete che portino attaccato alla loro coscienza? Non certo l'indignazione del nostro '68 o del '77. Il guaio allora è questo: ogni nuova generazione è fresca, la vecchia (nostra) oppressione gli sembra normalità, è pronta a subire altre vessazioni. Che ne sanno le generazioni di domani di questo nostro annaspare? Come faranno i nostri nipoti a caricarsi di questa nostra eredità? La studieranno sui libri? E pensiamo davvero che studiandola sui libri (ammesso che i libri ne parleranno) essi percepiranno la nostra voglia di incazzatura e la spingeranno più avanti? Non è mai stato così. Non sarà mai così.
Vogliamo solo dire che è inutile lamentarsi se continuiamo a perpetuare governi. L'indignazione è un mezzo, non un fine, e nemmeno una moda. Loro hanno una linea di condotta ereditaria precisa dettata dallo Stato, un obiettivo criminale sempre uguale, mentre il popolo scorda ad ogni nuova generazione, ri-subisce, si ri-illude. Non votate più, fatelo per la vostra coscienza, perché l'indignazione abbia una coerenza, ma fatelo anche e soprattutto per i vostri nipoti, se ci tenete al loro futuro.

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6 commenti:

Enrico ha detto...

A mio parere (ovvero grazie a tutto quello che mi è stato possibile imparare grazie ad altre/i), quello che manca è il supporto delle generazioni precedenti alle lotte delle generazioni attuali. Mia madre, mio padre, le mie zie e zii, i miei nonni e le mie nonne (ormai andati/e) non mi supportavano nè supportano nella lotta (spero di fargli cambiare idea e di portare rinnovamento). Al momento mi trovo in 'Canada' e gli 'Indiani' che mi hanno offerto un'ospitalità commovente (vivo praticamente a loro carico) hanno una storia di lotta, oltre ad una storia di soprusi. Nonne che incitano nipoti alla rivolta perchè anche loro hanno lottato per cacciare l'invasore, pratiche di autogestione e di sussistenza passate di generazione in generazione, orgoglio, supporto nelle difficoltà e disprezzo per l'imposizione di regole che non gli appartengono sono una delle grandi fonti di forza e dignità che permettono a queste comunità di continuare la lotta e a resistere decennio dopo decennio. Qui si sente la lotta e la forza del passato, è la forza del presente dilaniato dalle contraddizioni ma che mantiene la volontà della rivolta. Finchè la lotta sarà considerata al pari della ribellione adolescenziale, nelle case prima di tutto, dove si formano le coscienze e dove si ritorna quando la 'fase adolescenziale' è terminata, finchè le madri e le zie e le nonne instilleranno nelle giovani generazioni il timore dei padroni, il rispetto della scuola e della storia che non ci appartiene, la paura della galera, l'umiliazione di essere colpiti da una legge che 'è fatta per proteggerci', non cambierà... Faccio la mia parte, e grazie per le tue passioni Paolo, hai tutto il mio supporto :)

Sandra C. ha detto...

Io finalmente l'ho capito,ce n'è voluto di tempo e di internet ma alla fine ci sono arrivata e allora c'è speranza per tutti!Ciao

Gianni P. ha detto...

Perfetto articolo che mette ben in evidenza la tracimante stupidità umana che oscilla tra indignazione alla moda ed etica che varia a seconda della convenienza del momento. E' il risultato dell'involuzione estremizzata dovuta al fenomeno della "replicanza" ovvero di vivere seguendo modelli ed esempi creati dai padroni. Un mero processo imitativo. Nessuna riflessione intima e personale è prevista nel software che gli umani eseguono sin dalla nascita.
L'educazione civica la devono apprendere da fuori e non dal proprio cuore. Se poi i maestri sono la stampa e la tv il gioco è fatto!

coscienza critica ha detto...

Bellissimi i vostri commenti, coscienziosi, maturi. E' così che si ravviva un blog. Grazie.

Cetty ha detto...

@Enrico: mi ritrovo nella tua stessa situazione, ovvero quella di venire tacciata di ingenua sognatrice. Mia madre mi ripeteva sempre, di "abituarmici", che nulla mai sarebbe cambiato. Faceva l'operaia e con le sue compagne ha lottato in fabbrica per avere un sindacato che le difendesse, col risultato di essere sbattute fuori anni dopo e vedere padrone e sindacato che si spartivano i soldi della vendita della fabbrica. Non metto in dubbio che per lei sia stato così tanto mortificante. Mi sono accorta del fatto che nelle generazioni precedenti la mia, la voglia di lottare non manca totalmente, magari potrebbero farlo, ma non servirebbe a nulla, perchè è sempre la stessa zuppa: cambiano gli ingredienti, ma a fine pranzo la fame è sempre lì.
E qui mi ricollego all'articolo di Paolo. Il problema di fondo non è delineare la contrapposizione lotta/inezia, ma quello di evidenziare l'importanza di un cambiamento totale. Come giustamente detto da Paolo, quello che serve è non andare più a votare, esprimere nel modo più logico il proprio dissenso. Ovviamente a questo deve seguire un processo di rinascita e di liberazione dall'odierno sistema autoritario; far capire il valore di una completa autogestione di tutti gli aspetti della nostra vita.

PS: un abbrⒶccio a Paolo per il suo blog. A quanto pare non sono l'unica "ingenua sognatrice"

coscienza critica ha detto...

Cara Cetty, qui nel blog siamo soliti dimostrare che l'anarchia non è un sogno, un'utopia, ma è un vero progetto politico già concretizzato in varie parti. Semmai il sogno è quello di credere ancora che votare serva a qualcosa. Quindi... sognare sì, ma sapendo che quel sogno già è realtà, se si vuole.
Ciao

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