lunedì 2 gennaio 2012

Vicini ai detenuti e alle loro famiglie

La privazione totale della libertà, le condizioni disumane, l'abbrutimento forzato, generano nei detenuti inclinazioni emotive che alterano la loro psicologia e quindi anche i loro comportamenti e i modi caratteriali. Può allora succedere (e ahinoi succede troppo spesso) che un detenuto possa valutare il suicidio come la soluzione meno dolorosa rispetto al male carcerario. A fronte delle morti in cella (74 nel 2011 e l'anno appena aperto non è lusinghiero), il sistema non prevede alcun miglioramento delle condizioni detentive, ma un inasprimento dell'azione di controllo coercitivo da parte delle guardie.
E' evidente che i metodi statali non vanno mai nella direzione più logica e umana, ma sempre in quella della repressione violenta, vuoi fisica, vuoi psicologica, come se di fronte a un malato nel letto che si dimena dal dolore, il medico non preveda alcuna cura, ma una stretta ulteriore alle cinghie che lo costringono. Finché il malato non si muove, va tutto bene.
E' questa una logica brutale e perversa a cui tutti noi siamo sottoposti, ogni giorno, in ogni settore, ma mentre chi sta fuori dal carcere ha la possibilità di stemperare in una certa misura le coercizioni, i detenuti devono invece sopportare costantemente la pressione di una violenza inaudita. C'è chi non ce la fa, e cede all'idea del suicidio quale atto liberatorio. Ben poco rimane da comprendere sul fatto se si tratti di suicidii o se invece queste morti non siano da considerarsi omicidii, calcolati, voluti dal sistema-Stato.

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2 commenti:

Unknown ha detto...

Abbandonati a sé stessi, tranne qualche caso di vera eccezione. Non tutte le carceri sono uguali, ma uguale è il modo atono e spesso violento con cui i ristretti devono convivere con sé stessi, con gli altri e con il sistema circolare del carcere.
A volte li sento parlare del miglior modo per vivere il loro carcere, ma non sempre il modo migliore lo trovano, le celle sono tutte uguali ma gli uomini dentro no. L'assassinio di Stato è una sovracrudeltà gratuita (fino a che punto conscia dal parte dello Stato?) che si va ad aggiungere alle dichiarazioni umanitarie di ex e nuovi governi, che fanno aria fritta sui sovraffollamenti. nel carcere, per farla breve, si "suicidano" che non ha più speranze di vita lì dentro, perché fuori probabilmente le avea bruciate tutte. Al contrario, ci sono vip che inscenano "tentativi di suicidio", spesso supportato da telefonini tra i propri effetti personali. Inconcepibile.
Un fraterno saluto.

coscienza critica ha detto...

Ciao River. Lo Stato è assolutamente cosciente dei propri crimini, è nato per quello. Inoltre il detenuto che si 'suicida' in cella non lo fa perché fuori non ha più chances di vita (tantovale ammazzarsi fuori, piuttosto che in un ambiente come il carcere).
Stammi bene, ti abbraccio.

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