mercoledì 1 maggio 2013

Onore ai martiri anarchici di Chicago

 E' curioso il fatto che il Primo Maggio sia la festa del lavoro? No, non è curioso, è terribilmente normale, anzi, normalizzato, mutato a tarallucci e vino, trasformato in qualcosa di completamente diverso. Lo stato è abilissimo a voltare le frittate a proprio vantaggio. Un'istanza eminentemente anarchica che passa attraverso i violenti filtri del sistema può avere vari destini: rimanere nascosta, essere presentata con un volto violento, oppure diventare strumento dell'autoreferenza padronale. Per il Primo Maggio non è bastato un solo filtro, tutte e tre le strategie di filtraggio sono state applicate, e ciò che ne è uscito fuori è un falso ideologico pro-patria, un teatrino, una festa-fiera appunto. 
Il martirio degli anarchici di Chicago è stato confinato nella sezione censura (primo filtro) o relegato nelle stanze degli addetti ai lavori, dove si rinchiudono anche le vicende legate alle lotte operaie, abilmente criminalizzate tutte le volte che sono state portate avanti dagli anarchici (secondo filtro), come in questo caso, negli USA del XIX secolo. Condannati a morte perché anarchici e animatori delle lotte per la riduzione dell'orario di lavoro a otto ore, gli anarchici di Chicago oggi sono diventati cantanti in piazza. Ma ciò che più sfugge è la logica originaria delle cose: a Chicago, come a New York e in altre città, quella degli operai non era stata una lotta per il lavoro, ma contro il lavoro, contro lo sfruttamento, contro il ricatto padronale, contro l'ingiustizia del sistema schiavista. E queste cose sono ben lungi dall'essere state abolite, al contrario, il regime continua a propagare il suo verbo biforcuto attraverso una ricorrenza festosa che inneggia al lavoro salariato, allo schiavismo, allo sfruttamento padronale, complici i sindacati che fingono e fungono da cuscinetto ammortizzatore e sfogatoi.
Se in origine la riduzione dell'orario lavorativo rappresentava il primo passo verso la progressiva liberazione dalle catene, oggi il regime fa l'apologia di quelle catene spacciandole per libertà e diritto. Tutti contenti, è festa. Ma gli anarchici non dimenticano questi uomini condannati a morte in un processo farsa, non dimenticano neppure le 600 donne in sciopero, e gli altri 50 mila lavoratori, e i 25 mila convenuti all'assemblea della Central Labor Union, tutti uniti per cominciare a prendersi qualche ora di libertà dalla schiavitù del lavoro. Quegli anarchici ci avevano però detto: 'ora continuate voi, finché queste barbare catene non verranno sostituite da un sistema umano e libero di vivere e di operare'. Questo ci avevano detto. Invece qualcuno ha voluto che queste catene vengano oggi festeggiate. Noi non festeggiamo e continuiamo a lottare per l'emancipazione dalla schiavitù. Onore ai martiri di Chicago!

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