lunedì 6 maggio 2013

Pedagogia della deresponsabilizzazione? No grazie.

'La libertà è la possibilità di dubitare, di sbagliare, di cercare, di sperimentare, di dire di no a una qualsiasi autorità', diceva Silone; ma libertà è anche sapere intimamente di poter fare una cosa (che non vuol dire necessariamente farla) utilizzando il proprio senso di responsabilità. Queste umane condizioni, compresa la responsabilità personale, sono state tolte agli individui allorché al sistema culturale libertario si è sostituito quello autoritario e gerarchico dello stato. La conseguenza è stata -ed è- quella di non riuscire più ad essere liberi, tantomeno responsabili (la responsabilità è conseguenza della libertà). La ricaduta nefasta è evidente in ogni contesto e in ogni azione del singolo, il quale si abbandona docilmente nelle mani dei capi e dei governi, dicendo loro: 'mi deresponsabilizzo, e del resto non so più fare altrimenti'. C'è un'azione pedagogica costante da parte dello stato sui popoli, una pedagogia della deresponsabilizzazione; lo stato dice ai popoli 'ci penso io, siediti davanti alla tv, guarda, aspetta, e spera', senonché non è mai esistito un governo al mondo che abbia restituito la libertà ai popoli, né la giustizia, né la pace, né l'eguaglianza nei diritti. E poi, perché dovrebbero? Si necessita allora di un'azione di resistenza a quella pedagogia autoritaria, e infatti nel mondo le scuole libertarie sono in aumento. Si parla di scuole libertarie, o democratiche (definizione più usuale all'estero), o libere, dove la responsabilizzazione degli individui passa necessariamente attraverso la loro autonomia e la loro libertà di scegliere individualmente come, quando, che cosa, dove e con chi imparare. 





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