venerdì 22 novembre 2013

Scegliere la gioia maggiore, non il male minore

L'umanità sta vivendo coercitivamente dentro un sistema dove qualsiasi espressione del vivere diventa scelta obbligata del male minore. Anche questo conferma il fatto che il sistema si regge interamente sul male. Così l'umanità statalizzata arranca, accontentandosi e beandosi quando fra due o più mali azzecca per caso quello minore; non pensa affatto a liberarsi dal sistema per raggiungere la gioia maggiore. Perché non ci pensa? Perché per un essere umano la gioia maggiore è rappresentata dalla sua emancipazione dalla schiavitù del sistema. Oggi più di ieri, quasi più nessuno vuole emanciparsi da questa schiavitù, quindi questa sorta di umanità disumanizzata procede sulla strada dei tormenti, escludendo già a priori il concetto di gioia (maggiore) in favore del dolore (minore). E tutto ciò fa comodo anche alle gerarchie religiose, che esaltano il sacrificio terreno, ci dichiarano peccatori con colpe da espiare, e ci promettono gioie metafisiche 'a dettata condizione', ricavando da tutto questo guadagni stratosferici. Prendiamoci la gioia maggiore, qui, ora, è nostro pieno diritto, quello che ci hanno rubato secoli fa. Non scegliere tra i mali che ti espongono in vetrina, scegli invece di rompere quella vetrina, allontànati da essa e scoprirai che fino a oggi non hai fatto altro che perecepire il tuo triste riflesso, ciò che ti hanno fatto diventare, un simulacro di te stesso/a. Tu sei un altro! Negali e goditi!



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3 commenti:

Marco ha detto...

Perché rompere la vetrina? Per passare dalla parte del torto? Per farti incasellare nel ruolo dell'oppositore (che è anch'esso un ruolo)?
Non facciamo l'errore di dargli pretesti. Giriamo i tacchi, se possiamo (ed è questo, la nostra dipendenza da quest'idea di scambi e di mondo, questo esserci nati dentro il problema, semmai). Lasciamo che la vetrina prenda polvere.
Ma sinceramente non credo che lasceranno che le persone si rendano indipendenti dai bisogni. Difatti ad un'ideologia basta il potere politico per forgiare bisogni falsi, figli dei loro stessi artifici applicati alla realtà. A quel punto chi ignora tali bisogni indotti è un nemico e, sinceramente, non mi attira fare il ribelle in una guerra civile. Questo è il problema: di riconoscere la scarsa qualità delle cose in vetrina sono capaci tutti. O anche questo non riusciamo a pensarlo più?

coscienza critica ha detto...

Ma l'hai capito bene il senso del post? Non ti sei accorto che la vetrina è una metafora? E questo comunque non dà diritto a me di giudicare chi, fuori dalla metafora, in un impeto di umanissima incazzatura, una vetrina la rompe davvero. Concentriamoci piuttosto su ciò che rompe il sistema ogni giorno, che è molto di più che qualche vetrina. Ma della violenza del sistema non si parla mai, certo, manco la si vede, però tutti si lamentano. Di cosa? Della vetrina rotta, anche quando non c'è! Ormai è psicopatologia.

(A) ha detto...

Ma perché, Marco, rompendo una vetrina, nel senso pratico del termine, ti fa subito e necessariamente passare dalla parte del torto? E poi sopratutto torto per chi, per quella fetta della società intrisa dalla morale borghese/clericale? Allora che sia, quest'ultimi sono proprio i miei nemici dichiarati...

Vedi, io sinceramente trovo una indifferenza, nel senso non-differenza, tra una sollevazione "non-violenta" e una "violenta" visto che sempre di "lotta" stiamo parlando e ,in questa, possono cambiare i "metodi" con cui si sceglie di applicarla sul piano materiale ma -di certo- non il concetto stesso della "lotta sovversiva" che resta sempre immediato e integro nella sua forma originaria.

Poi non ti dimenticare che una vetrina spaccata, s'intende quella che ha come simbolo il capitale, è l'applicazione, sul momento, di tutte queste teorie/emozioni/sensazione che noi ben conosciamo (d'altra parte qual'è il modo migliore per esprimere tutto ciò se non su un piano tanto concreto quanto pratico?).

Quindi, ben venga. Osa ciò che solo un essere umano libero oserebbe di fare!

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