domenica 1 novembre 2009

Guantanamo italiane. Testimonianza di un detenuto

Fonte 'Il Manifesto'
di Francesca Pilla - Napoli

«Così mi hanno pestato Lo fanno con i "piccoli"»
La denuncia: agenti come belve
«Le prime botte le prendi all'ufficio matricola e poi continua così. Ti picchiano con manganelli o a mani nude, quando entri in carcere capisci che non vali niente, che non hai diritti. È come una giungla. Devi subito accettare le regole altrimenti sei morto, non intendo fisicamente, anche se può capitare». S.F. è un trentacinquenne, ex dipendente di una nota azienda italiana (ora aspetta il reintegro), è entrato a nell'istituto di pena di Poggioreale a Napoli per motivi analoghi a quelli di Stefano Cucchi, lo scorso maggio, e ne è uscito dopo una settimana sulle sue gambe. Ma poteva anche non andare così.
Chi ti ha picchiato?
Le guardie carcerarie, chiamati assistenti, ma credetemi sono delle belve. Qualcuno più umano c'è ma nel nostro padiglione, il Firenze, che insieme all'Avellino raccoglie chi arriva per la prima volta in carcere, sono i peggiori.
Perché?
Perché in questi settori non ci sono i detenuti di lungo corso o i camorristi, ma persone che non sono mai state in galera. E le guardie si sfogano, senza paura, perché dicono che noi siamo pesc' e cannuccia', insomma gente che non conta niente. Non mischiano le matricole con i recidivi. Lo capisci subito appena entri, e se non lo capisci te lo dicono gli altri al passeggio: «Qui si pigliano 'e mazzat'».
Quando te le hanno suonate per la prima volta?
Al reparto matricole. Mi avevano preso le impronte digitali, poi uno mi ha fissato negli occhi e mi ha dato uno schiaffo: «Che guardi a fare?», mi ha detto. Allora ho tenuto lo sguardo basso tutto il tempo, mentre restavo in mutande o facevo le flessioni. Sono stato ad aspettare credo per almeno due ore con gli altri nuovi detenuti, ogni minuto sentivi il rumore di un "pacchero", o le urla di qualcuno.
Una volta in cella è andata meglio?
Almeno parli con qualcuno che ti dà indicazioni, ti spiega chi è il più nervoso tra i secondini, ti dicono di non farti trovare in pantaloncini quando c'è tizio, di non chiedere nulla a caio. Ma soprattutto ti mettono in guardia per la conta, che si fa mattina, pomeriggio e sera. Devi sempre tenere le mani dietro la schiena e lo sguardo basso, se alzi la testa le prendi di santa ragione. Non lo fanno subito, aspettano la notte, entrano e ti bastonano nella branda.
A te è capitato?
No, però dopo un giorno che stavo lì, eravamo otto in una cella, due miei compagni giocavano con dei cartoncini che avevano disegnato a mano, perché è vietato avere le carte. Un secondino li prese e li portò via, tornarono con la schiena tumefatta e le mani gonfie. Ci dissero che avevano preso manganellate ovunque, ma che gli avevano messo le coperte sui polsi per non lasciare segni.
Poi cosa è successo?
La sera arrivò una guardia e ci disse che il secondino dalla torretta aveva visto qualcuno nella stanza affacciato alla finestra. Presero G. e lo portarono via. Poi vennero a prenderci tutti e ci dissero: «Non vuole confessare, ora v'accirimm', sti figli 're cas' popolari». Ci condussero nei sotterranei, in quello che i detenuti chiamano reparto Dx, non lo so perché ma ha questo nome. Qui erano in quattro, tutti incappucciati, che iniziarono a prenderci a manganellate, schiaffi e calci.
Cosa pensavi in quel momento?
Che non la smettevano più. Avevo paura che non sarei uscito più perché quella punizione sarebbe stata annotata da qualche parte. In realtà loro non dicono niente a nessuno, ti picchiano e basta.
È una cosa normale?
Io sono stato lì una settimana e mi è capitato quattro volte. Ma ho capito che era un'abitudine quando nella cella di fronte alla nostra c'era una persona stesa nel letto che non partecipava alla conta. Era cardiopatico e non stava bene. Invece di portarlo al pronto soccorso per tre giorni lo hanno colpito nella brandina, lui respirava a fatica, noi non potevamo fare niente. Una sera è stata chiamata una dottoressa, erano le 11, non lo dimenticherò più. Lei disse: «Sta bene, sta fingendo». La mattina dopo era morto. Così hanno cambiato alcuni secondini e abbiamo avuto un attimo di respiro. Poi sono uscito.
Secondo la tua esperienza Stefano Cucchi può essere morto per le botte prese?
Assolutamente sì. Io sono alto un metro e 90 e peso 98 chili, se un ragazzo magro e più fragile avesse preso le bastonate che mi hanno dato, minimo si sarebbe spezzato le costole. Per questo quando ci facevano scendere tutti insieme i più grossi cercavano di coprire quelli più piccoli.
Perché non hai denunciato quello che ti è accaduto?
Secondo voi avrei trovato qualcuno disposto a testimoniare con me? E se anche l'avessi trovato è la parola di ex-detenuti contro lo stato. Nessuno parlerà mai.


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5 commenti:

Lollo ha detto...

Sono senza parole...davvero non so cosa dire davanti a testimonianze del genere.

Vespasiano ha detto...

E questa chiavica di pseudonazione colonizzata fa' parte dei paesi "democratici" e "civilizzati" sempre pronto a sputare sentenze verso quei paesi che non rispettano i diritti umani!!!!
B U F F O N I !

yellow ha detto...

viene in mente Garage Olimpo o fuga di mezzanotte, però questa è realtà , non finzione.

Danx ha detto...

Come volevasi dimostrare si cagano sotto a picchiare i camorristi.
Che merdoni!!!

Anonimo ha detto...

Alcune volte ed in certe case circondariali gli agenti di polizia penitenziaria (secondini -assistenti) espiano l'ergastolo, ovvero fanno più galera loro di un ergastolano. C'è gente frustrata che però quando lascia il posto di lavoro va a casa e le prende dalla moglie e c'è brava gente che capisce che quello è un lavoro dove se non conosci la tolleranza e non impari che ogni detenuto è una persona, forse è meglio che faccia l'operaio in fabbrica. Rimane il fatto che se le galere non fossero così piene, non dico che queste cose non accadrebbero, perchè sono sempre successe e sempre succederanno perchè i bastardi ci saranno in eterno -purtroppo- ma forse si riuscirebbe a nascondere meno queste inciviltà.

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