E' sbagliato pensare che i decreti legge di questo governo siano degli atti scollegati tra loro e maturati nell'autonomia di pensiero del singolo ministro che li propone. Decreti, disegni e proposte di legge sono invece parte integrante di un progetto generale, tasselli di un unico puzzle che sta restituendoci l'immagine sempre più chiara di un regime neofascista. Noi possiamo criticare più aspramente questo o quell'altro decreto, ma non possiamo fare discrimine arroccandoci su posizioni più o meno accomodanti e accondiscendenti rispetto ad alcuni passi del governo. Diciamo questo soprattutto perché esiste una percentuale di cittadini che, pur disdegnando profondamente l'operato del governo, riesce lo stesso a trovare lati positivi in alcune proposte, divenute poi legge.
Nei testi di legge ci sono aspetti solo apparentemente positivi, inseriti appositamente per indorare la pillola, sui quali la propaganda di regime fa leva per far accettare la legge in oggetto. E' evidente, ad esempio, che le deprecabili limitazioni alla libertà di stampa non possono passare se non attraverso un'operazione populista e demagogica ('volete voi essere intercettati mentre parlate al telefono dei fatti vostri'?). Non dobbiamo cascare in questi tranelli.
Così è palese una certa 'disunione di categoria' nelle varie proteste contro il governo, come se gli insegnanti delle scuole superiori non avessero nulla da spartire con le proteste universitarie o con i lavoratori cassintegrati e licenziati. Questa disunione non deve esistere, non può esistere. Uno studente, ad esempio, non può ignorare la battaglia condotta dai lavoratori della 'Vinyls' autoconfinati all'Asinara (e viceversa), perché nella realizzazione di un cambiamento politico e sociale non possono esistere separazioni e muri, menefreghismi e rancori interni.
Attenzione, sembra un discorso scontato (per certi versi lo è), ma è più complesso di quanto non si pensi. L'unità di intenti, in questa società individualista, risulta essere un miraggio, un'utopia, vieppiù quando le divisioni esistono all'interno di ogni settore (docenti di ruolo e docenti precari, ad esempio). Questo è il segno distintivo di una civiltà facilmente governabile (leggasi schiavizzabile) e, ahinoi, già pronta ad accogliere una dittatura. Che fare allora?
Se bastassero i post di ITALIANI IMBECILLI a risolvere il problema, allora saremmo già riusciti a creare una nuova società coesa e libera dai tiranni. Il nostro obiettivo, riconoscendo i nostri limiti, è quello di far prendere coscienza del dato reale e sociale; c'è chi aveva sostenuto -ben prima di noi- che la coscienza collettiva è parte basilare per un'efficace autodifesa contro i soprusi.
La recente protesta degli universitari, con relativa occupazione degli Atenei e dei Rettorati, non è concettualmente disgiunta dalla protesta ignorata dai media che da due anni coinvolge tutti i lavoratori della scuola di ogni ordine e grado. La cosiddetta 'riforma' Gelmini ha messo tutti nel sacco. Ma c'è di più. La 'riforma' Gelmini (e qui ritorniamo all'incipit del post) è 'soltanto' una tessera del grande mosaico. Infatti il cambiamento radicale del settore dell'istruzione pubblica trova un elemento complementare e di sostegno nella riforma della Pubblica Amministrazione proposta da Brunetta. Due decreti che incidono profondamente nel progetto di distruzione della società e che lavorano in sinergia. Nel concreto, quando si parla di 'federazione degli atenei' (Gelmini), non possiamo ignorare che proprio questa federazione finirà per accorpare le Università e generare tagli al personale e che il contributo dato dal decreto Brunetta aiuterà a smaltire i docenti in esubero (il verbo non è casuale).
Prendiamo perciò coscienza del fatto che siamo tutti sulla stessa barca e che non esistono settori di società esclusi da questo disegno criminale. L'unica separazione evidente e concreta è quella che esiste tra i cittadini e la casta (leggasi cricca, nell'odierna definizione). Se un operaio protesta, lo studente lo supporti. Se un docente viene licenziato, protestino anche le massaie. Se un giornalista viene imbavagliato, è dovere di tutti intervenire nel dissenso. Nessuno può credersi assolto, siamo lo stesso coinvolti.
Nei testi di legge ci sono aspetti solo apparentemente positivi, inseriti appositamente per indorare la pillola, sui quali la propaganda di regime fa leva per far accettare la legge in oggetto. E' evidente, ad esempio, che le deprecabili limitazioni alla libertà di stampa non possono passare se non attraverso un'operazione populista e demagogica ('volete voi essere intercettati mentre parlate al telefono dei fatti vostri'?). Non dobbiamo cascare in questi tranelli.
Così è palese una certa 'disunione di categoria' nelle varie proteste contro il governo, come se gli insegnanti delle scuole superiori non avessero nulla da spartire con le proteste universitarie o con i lavoratori cassintegrati e licenziati. Questa disunione non deve esistere, non può esistere. Uno studente, ad esempio, non può ignorare la battaglia condotta dai lavoratori della 'Vinyls' autoconfinati all'Asinara (e viceversa), perché nella realizzazione di un cambiamento politico e sociale non possono esistere separazioni e muri, menefreghismi e rancori interni.
Attenzione, sembra un discorso scontato (per certi versi lo è), ma è più complesso di quanto non si pensi. L'unità di intenti, in questa società individualista, risulta essere un miraggio, un'utopia, vieppiù quando le divisioni esistono all'interno di ogni settore (docenti di ruolo e docenti precari, ad esempio). Questo è il segno distintivo di una civiltà facilmente governabile (leggasi schiavizzabile) e, ahinoi, già pronta ad accogliere una dittatura. Che fare allora?
Se bastassero i post di ITALIANI IMBECILLI a risolvere il problema, allora saremmo già riusciti a creare una nuova società coesa e libera dai tiranni. Il nostro obiettivo, riconoscendo i nostri limiti, è quello di far prendere coscienza del dato reale e sociale; c'è chi aveva sostenuto -ben prima di noi- che la coscienza collettiva è parte basilare per un'efficace autodifesa contro i soprusi.
La recente protesta degli universitari, con relativa occupazione degli Atenei e dei Rettorati, non è concettualmente disgiunta dalla protesta ignorata dai media che da due anni coinvolge tutti i lavoratori della scuola di ogni ordine e grado. La cosiddetta 'riforma' Gelmini ha messo tutti nel sacco. Ma c'è di più. La 'riforma' Gelmini (e qui ritorniamo all'incipit del post) è 'soltanto' una tessera del grande mosaico. Infatti il cambiamento radicale del settore dell'istruzione pubblica trova un elemento complementare e di sostegno nella riforma della Pubblica Amministrazione proposta da Brunetta. Due decreti che incidono profondamente nel progetto di distruzione della società e che lavorano in sinergia. Nel concreto, quando si parla di 'federazione degli atenei' (Gelmini), non possiamo ignorare che proprio questa federazione finirà per accorpare le Università e generare tagli al personale e che il contributo dato dal decreto Brunetta aiuterà a smaltire i docenti in esubero (il verbo non è casuale).
Prendiamo perciò coscienza del fatto che siamo tutti sulla stessa barca e che non esistono settori di società esclusi da questo disegno criminale. L'unica separazione evidente e concreta è quella che esiste tra i cittadini e la casta (leggasi cricca, nell'odierna definizione). Se un operaio protesta, lo studente lo supporti. Se un docente viene licenziato, protestino anche le massaie. Se un giornalista viene imbavagliato, è dovere di tutti intervenire nel dissenso. Nessuno può credersi assolto, siamo lo stesso coinvolti.
2 commenti:
ci vorrebbe del Meltemi o che so un vento dell'est tipo camicie rosse Thai.....
Una bella rivoluzione, dici? Magari!
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