C'è poco da fare, il governo va da una parte, l'Italia dall'altra. Ogni settore della nostra società è distante anni luce da quel che viene propagandato dal governo (complici le tv).
Il settore dell'istruzione è fondamentale per un Paese civile e, a fronte delle menzogne della Gelmini (ormai tutte smascherate), anche i ricercatori delle Università sono oggi sul piede di guerra. A Torino, i ricercatori della Facoltà di Scienze hanno firmato un documento per annunciare un'astensione dal lavoro a partire dal prossimo anno accademico. La Gelmini blatera di miglioramenti, ma in realtà si tratta di tagli e ancora tagli che mettono in ginocchio sia la ricerca, sia la figura del ricercatore, quindi la cultura. Di fatto, con la 'riforma' Gelmini, ogni ricercatore sarà equiparato a un volontario e costretto a un perenne precariato. Inoltre i ricercatori a tempo determinato (così li vuole la Gelmini) saranno esclusi dalle commissioni di concorso e avranno contratti di massimo sei anni, i quali non garantiscono alcuna certezza di assunzione.
Alla protesta si aggiungono i ricercatori della Facoltà di Matematica, di Psicologia e di Agraria. Ma anche altre Facoltà (Fisica, Medicina e Politecnico) sono in procinto di seguire la protesta lanciata dai colleghi di Scienze e a tal proposito sono già in programma assemblee. Ai ricercatori si uniscono anche molti professori (associati e ordinari) e c'è da credere che le voci di protesta non verranno lasciate cadere nel vuoto (ma vista l'arroganza di questo governo, è possibile un feroce silenzio mediatico e una cronica e criminale indifferenza al problema, simile a quella ostentata nei riguardi di TUTTE le proteste precedenti organizzate da ogni tipo di scuola).
Si tratta della prima protesta di questo genere nella città della Mole, ma non la prima e l'unica in Italia. Già l'Università di Napoli aveva intrapreso la stessa protesta, l'8 marzo scorso, quando 110 ricercatori avevano deciso di astenersi dalle attività didattiche. A Cagliari i ricercatori sono già sulla stessa linea e stanno protestando. A Bologna un documento ufficiale chiede al Rettore di trovare soluzioni per evitare lo 'sciopero bianco'.
Insomma, anche l'Università è nel mirino del governo, dove i tagli alle risorse sono associati allo svilimento delle figure docenti, quindi a un impoverimento programmato delle conoscenze. Siamo di fronte (anzi, già dentro) a un maligno disegno che vuole smantellare l'intero sistema dell'istruzione pubblica italiana, in favore di una futura ed enorme classe sociale di ignoranti da fascistizzare e sottomettere.
Il settore dell'istruzione è fondamentale per un Paese civile e, a fronte delle menzogne della Gelmini (ormai tutte smascherate), anche i ricercatori delle Università sono oggi sul piede di guerra. A Torino, i ricercatori della Facoltà di Scienze hanno firmato un documento per annunciare un'astensione dal lavoro a partire dal prossimo anno accademico. La Gelmini blatera di miglioramenti, ma in realtà si tratta di tagli e ancora tagli che mettono in ginocchio sia la ricerca, sia la figura del ricercatore, quindi la cultura. Di fatto, con la 'riforma' Gelmini, ogni ricercatore sarà equiparato a un volontario e costretto a un perenne precariato. Inoltre i ricercatori a tempo determinato (così li vuole la Gelmini) saranno esclusi dalle commissioni di concorso e avranno contratti di massimo sei anni, i quali non garantiscono alcuna certezza di assunzione.
Alla protesta si aggiungono i ricercatori della Facoltà di Matematica, di Psicologia e di Agraria. Ma anche altre Facoltà (Fisica, Medicina e Politecnico) sono in procinto di seguire la protesta lanciata dai colleghi di Scienze e a tal proposito sono già in programma assemblee. Ai ricercatori si uniscono anche molti professori (associati e ordinari) e c'è da credere che le voci di protesta non verranno lasciate cadere nel vuoto (ma vista l'arroganza di questo governo, è possibile un feroce silenzio mediatico e una cronica e criminale indifferenza al problema, simile a quella ostentata nei riguardi di TUTTE le proteste precedenti organizzate da ogni tipo di scuola).
Si tratta della prima protesta di questo genere nella città della Mole, ma non la prima e l'unica in Italia. Già l'Università di Napoli aveva intrapreso la stessa protesta, l'8 marzo scorso, quando 110 ricercatori avevano deciso di astenersi dalle attività didattiche. A Cagliari i ricercatori sono già sulla stessa linea e stanno protestando. A Bologna un documento ufficiale chiede al Rettore di trovare soluzioni per evitare lo 'sciopero bianco'.
Insomma, anche l'Università è nel mirino del governo, dove i tagli alle risorse sono associati allo svilimento delle figure docenti, quindi a un impoverimento programmato delle conoscenze. Siamo di fronte (anzi, già dentro) a un maligno disegno che vuole smantellare l'intero sistema dell'istruzione pubblica italiana, in favore di una futura ed enorme classe sociale di ignoranti da fascistizzare e sottomettere.
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