domenica 20 febbraio 2011

Alcune domande, prima delle elezioni

Va bene, prendiamo le parole di Paolo (nostro collaboratore che gestisce un profilo su facebook) per farne un post. Paolo su facebook scrive quanto segue:
Le dittature si possono chiamare in tanti modi, anche 'repubblica' o 'democrazia'. Tunisia, Algeria, Egitto, Yemen... sono tutte repubbliche, anche democratiche, come i Paesi europei dove il popolo si ribella. Bisogna riflettere su queste menzogne lessicali. Le dittature più pericolose sono quelle che si mascherano da democrazia e da repubblica.
(Il messaggio si completa in un suo stesso commento, qui sotto)
Continuo qui.
Ciò vuol dire che, prima di abboccare e credere di vivere in democrazia, occorre chiedersi: ma io possiedo davvero il potere? Posso davvero decidere per me? Oppure il potere lo delego ai dittatori (locali e nazionali)? E l'ambiente in cui vivo appartiene davvero al popolo? A tutti? O per avere un diritto fondamentale devo pagare padroni e demanio? E se devo pagare, in che misura rispetto alle mie possibilità economiche? Chi decide per me i prezzi del pane? Perché il pane costa 3 euro sia per l'operaio, sia per il capitalista? Esiste un altro sistema di organizzazione sociale che non sia l'affidamento delle competenze a terzi? Cosa faccio per cambiare le cose e per migliorare la condizione mia e di tutti? Se l'esperienza storica ci ha insegnato che non serve cambiare governo per risolvere definitivamente i problemi sociali, come posso ancora illudermi e consegnare ai miei nipoti il malsano frutto delle mie decisioni elettorali? E i miei nipoti, a loro volta, riconsegneranno il potere a chi spaccia 'democrazia', turandosi il naso e dicendo intimamente 'per adesso è meglio così'?

Noi aggiungiamo soltanto quest'altra domanda:
visto che la democrazia è in realtà una dittatura, non è che quando un governo o un partito dicono di voler recuperare il senso democratico, vogliano più verosimilmente dire di voler continuare l'azione della dittatura, migliorarla, farla rinascere (vedi 'Piano di rinascita democratica' di Licio Gelli)?

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4 commenti:

Dario ha detto...

Si, è così.
Certo che vogliono continuare la dittatura.
Sono disposti a tutto per continuare a fare i dittatori.
Guarda i nostri dittatori. sono 1000 tra camera e senato, proprio come i 1000 che "fecero" l'Italia. Ti sembra che abbiano voglia di "andarsene a casa"? di "smettere di usufruire" delle centinaia di agevolazioni che si sono presi? Non penso proprio.
Si sono barricati li con una legge elettorale indegna. Legalmente è impossibile stanarli, prima o poi lo si dovrà fare in un modo che loro chiamano illegale, ma che il popolo chiama "atto dovuto".
E loro, o meglio quelli (o qualcosa) più grandi di loro, è proprio quello che aspettano. Aspettano che si buttino giù questi vecchi burattini, che tanto tra pochi anni se ne "andrebbero" in modo "naturale", per tirarne su altri, di burattini, più giovani, più agguerriti e ben attrezzati per i tempi che verranno.
Con questa mossa il popolo sarà contento e orgoglioso di se stesso: Guarda che bravo che sono stato, ho buttato giù Mubarak, e in Italia che bravi! ... hanno buttato giù B. ... e in Libia? visto che bravi? ... e accetterà tutto quello che, in un altro modo, molto più infimo, gli verrà propinato.

E allora che fare?
Niente. "Abbassare i toni", che loro volutamente continuano ad innalzare. Tendere allo "zero".
L'unica soluzione che vedo è smettere di "delegare", di "dipendere". In tutti i settori e ambiti.
Non occorre "mettere su" un nuovo governo, basta staccare la spina a quello attuale. Non serve un nuovo o altro "ideale", basta seguire il buonsenso. Non c'e' bisogno di dare un nome a tutto questo, ce ne sono già troppi di "*ia".
Basta non stare più al loro gioco. Rendersi autonomi il più possibile.
Smettere di accettare prestiti, sotto ogni forma. Smettere di dare loro soldi, comprando oggetti inutili. Smettere di chiedere un lavoro e organizzarsi per offrire un lavoro. Smettere di dire "Mi devi dare" e iniziare a dire "Ti do".
Insomma: vivere in Sobrietà e Condivisione Disinteressati.

Passare dal "Io sono" al "Io Amo".

Questo è il passaggio che ognuno di noi, autonomamente, prima o poi, dovrà compiere: smettere di alimentare il proprio ego e orgoglio con il Potere, individuale o di gruppo, e iniziare ad Amare ed essere Amati, in modo incondizionato e disinteressato

Ciao
Dario.

coscienza critica ha detto...

Invece chiamiamola proprio ANARCHIA, con il nome di sempre, orgogliosamente come le tue parole. Perché TUTTI devono sapere che la logica, la libertà e la giustizia sociale si chiamano ANARCHIA.

Dario ha detto...

Lo so.
Anche io ritengo che L'Anarchia sia la tipologia di "convivenza" e "organizzazione" tra le persone, quello che loro chiamano Governo, che si avvicina di più al modello che ho tentato di definire e che identifico come unica soluzione possibile ai mali della Terra.

L'unico motivo per cui preferisco non nominarla è semplicemente per non creare altri fastidiosi e inutili confini: Io Anarchico, tu Monarchico, Democratico, Fascista, Comunista, ecc...

Queste definizioni creano gruppi di persone e popoli, che poi, inevitabilmente, finiscono per schierarsi gli uni contro gli altri e lottare per il nulla.
Esseri umani, tutti simili tra loro, raggruppati e separati da confini invisibili e discutibili, proprio come i confini degli Stati.

Quindi si, è certo che se potessi scegliere tra le varie "*ia" da applicare sceglierei l'Anarchia, ma che importa ostentarlo? nulla: meglio la pratica, applicarne i concetti. Non diciamoglielo, non spaventiamoli, lavoriamo per farla trasparire e concretizzare sempre più, nominandola lo stretto necessario (tanto noi sappiamo bene cosa sia e come si chiami).

Alla fine, quando questa strana forma di "organizzazione dei" e "convivenza tra" i Popoli sarà ben radicata e tutti ne potranno godere i benefici, allora si che potremo chiamarla con il proprio nome, quel nome che inizia con la "A", proprio come "Amore".

Ciao
Dario.

coscienza critica ha detto...

Capisco. Ma giacché l'anarchia è sempre stata denigrata, incolpandola di cose non vere, ribaltando il suo vero ideale, allora che si sappia cosa è davvero l'anarchia. Quando questa forma (non strana, ma naturale) di organizzazione sarà ben radicata, non ci sarà bisogno di nominare l'anarchia (al contrario di come tu dici), perché di essa non ci sarà più bisogno.

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