sabato 4 maggio 2013

Il popolo del web aggredito, assediato, turlupinato

Qualcuno vuole normare internet? Più di qualcuno, e guarda caso questi 'qualcuno' non costituiscono il popolo di internet, ma sono quelli che vogliono mettere sotto controllo questo popolo dinamico, variegato, vivo, vogliono mettergli il fiato sul collo, e punirlo all'occorrenza. Una volta che la levata di scudi parte dal pulpito più alto, allora anche alcuni popolani del web si accodano come le oche o le pecore, e sono pronti alla vendetta, alla guerra tra poveri, aiutando così la violenza del sistema a perpetuarsi. Questo non vi ricorda nulla? Non vi fa pensare, ad esempio, alla triste condizione degli esseri umani che sono stati schiavizzati dal sistema statale gerarchico da 5000 anni a questa parte? Coraggio, ammettiamolo tutti: un popolo libero -virtuale o reale che sia- fa sempre paura ai despoti. Chi onora le richieste dei despoti è despota a sua volta, e non capisce che si tratta di demagogia spacciata per sicurezza. Ma poi non esiste neppure un virtuale disgiunto dal reale: le mani che scrivono queste parole sono ben reali, come il sentimento che le guida. Internet è uno strumento comunicativo che appartiene alla realtà, esattamente come il telefono, il foglio di carta spedito via posta, una sala per le esposizioni di quadri... Oh, certo, in tutti i regimi autoritari anche i telefoni sono sotto controllo, e anche i servizi postali, e persino certe esposizioni di quadri erano state vietate da Hitler, e quando non è il despota a vietare, è il pensiero clerical borghese a fare il cane da guardia, quel pensiero moralista che è stato innestato profondamente nelle masse controllate. 
Ora immaginate, ad esempio, quale tipo di predisposizione emotiva avrà colui che, sapendo di avere il telefono sotto controllo, fa o riceve una telefonata. Avrà la predisposizione di colui che si sente costretto a soffocare la sua personale spontaneità, non sia mai che gli scappi una parolaccia di troppo contro un politico. Per alcuni forse questa restrizione personale non significa niente (la massa è abituata fin dall'asilo ad accettare restrizioni e punizioni, le considera cosa ovvia), ma per chi ha motivo di credere nello sviluppo dell'individuo nella sua piena totalità, questo fiato sul collo, questo controllo, queste repressioni, non rappresentano altro che crimini contro l'individuo, gravissime limitazioni al processo evolutivo della personalità e della morale naturale, sbarre imposte alla piena e affermata individualità, tutte cose che finiscono per distruggere la serenità e l'autodeterminazione e il concetto stesso di 'persona'. E attenzione: personam può essere definita solo quell'essere vivente che possiede precise caratteristiche naturali, fra le quali la sua propria autodeterminazione, l'autostima, la libertà espressiva, la libertà di scelta. Cose che il sistema statale ha represso e continua a reprimere. Non a caso.
Certa gente segue ciecamente la corrente moralistica che viene calata dall'alto, e confonde, associandolo, il concetto di libertà con quello di violenza. Secondo il cittadino statalizzato, infatti, la violenza sarebbe necessariamente una conseguenza della libertà. Praticamente la stessa idiozia che è stata appiccicata all'anarchia, e che ancora oggi stupidamente qualcuno tende a dar credito. Non sa, quel qualcuno, che la verità è da tutt'altra parte. Ecco qui, stanno facendo di internet la stessa cosa che hanno fatto all'anarchia, la stanno criminalizzando per bene. Voi che leggete, in quanto popolo di internet, siete tutti potenzialmente criminali, a prescindere. Stanno facendo percepire internet come il regno del caos e della violenza. Ma signori miei, il caos sono loro, la violenza è il loro 'ordine' creato per mezzo della repressione. Vi sentite davvero sicuri con lo Stato? Vi ha mai dato giustizia, lo Stato? E la pace? E la serenità? Se no, in 5000 anni di statalizzazione, con quale diritto lo Stato viene ancora oggi a pontificare moralizzando ciò che non ha alcun bisogno di essere moralizzato? Prove alla mano, s'intende. Qui non c'è nulla di ipotetico. Fino a oggi, si può dire, internet non ha avuto bisogno di norme esterne (anche se leggi esterne sul web già esistono, come anche una polizia specifica), ognuno è sempre stato la norma di se stesso, come avviene in anarchia, e si è assunto sempre le proprie responsabilità. Il fatto che esista qualche idiota aggressivo non può giustificare tutto un sistema di oppressione generale. Nessun despota (essendo tale è di per sé immorale) può accampare pretesti per normare tutti incondizionatamente, controllare, imprigionare i pensieri, le azioni, le intenzioni stesse. Il popolo della rete si rende già conto che questo controllo preventivo è un crimine, un'ingiustizia che stava per essere messa in atto -non a caso- già col governo Berlusconi. Ma allora questo popolo dovrebbe egualmente capire che ciò che vogliono fare alla rete (controllarla, normarla, punirla), lo hanno già fatto i signori del sistema alla vita di ognuno di noi, fuori dalla rete. Non siamo liberi nella vita, dobbiamo essere prigionieri anche in rete? Di questo passo si inventeranno pure un'aliquota sul tempo trascorso davanti allo schermo, e a quel punto ci obbligheranno pure a rimanerci davanti allo schermo, sempre sotto controllo s'intende, e sotto minaccia di punizione. Come avviene nella vita. Vita?
Ma la cosa più interessante, a nostro parere, vorremmmo dirla adesso. Che cos'è la libertà? E' davvero un voler fare quello che ci pare, includendo in questa frase anche il crimine, come ha sempre fatto credere il sistema laddove ha voluto mettere le sue zampe? Neanche per sogno. Questo è un errore madornale in cui la massa indottrinata crede, e ci crede perché il modello di giudizio sulle cose che le è stato inculcato comprende anche il fatto di pensare che la libertà faccia per forza rima con crimine. Cosa insegnano i maestri pedagogizzati dallo stato agli scolaretti? Dicono: 'se non stai fermo nel banco finisce che ti fai male o fai male a qualche compagno'. Il bambinetto finirà per crederci, anche se aveva solo voglia di liberare le sue gambe e non di fare male agli altri. Forse quello stesso scolaretto diventerà maestro a sua volta, come succede, ma da adulto avrà già imparato a limitare la libertà dei suoi studenti, avanzando la stessa scusa del suo antico maestro. Senonché anche la pedagogia libertaria (la più umana) ha dimostrato esattamente il contrario, e cioè che là dove esistono restrizioni e autoritarismi proliferano i crimini e gli atti violenti. 
Ma allora cos'è la libertà? In verità un individuo completamente libero non matura alcun pensiero criminale, non pensa di andare in strada ad ammazzare la gente, a meno che non sia uno squilibrato mentale. E badate bene, se oggi esistono molte persone che in testa hanno solo armi e guerre, è perché questo è il modello culturale che il sistema inculca. Ed è sempre la scuola istituzionale che insegna a competere, a lottare, ad essere mentalmente e fisicamente aggressivi, il bullismo è un fenomeno che nasce anche a scuola, lì stanno i ragazzini, lì si propaga, lì è in preoccupante aumento, i bambini non sanno più relazionarsi se non a spintoni e accuse reciproche, non sanno solidarizzare. E' il sistema che crea tutto questo. e non veniteci a dire che lo Stato fa di tutto per infondere modelli di solidarietà. Accendete la tv e vedrete. Le parole poi non servono, i bambini imparano copiando i fatti degli adulti, non le loro belle parole. La pedagogia violenta dello stato è il modello educativo imperante. Un popolo davvero libero è invece sereno, e quando un popolo è sereno pensa alla vita, non a produrre il male o la morte. E questa serenità -data dalla completa libertà- è quella di pensare di poter fare, che non vuol dire fare. Cioè, tra il FARE e il SAPERE DI POTERLO FARE c'è un universo di mezzo. Facciamo un esempio concreto finché la rete è ancora relativamente libera: adesso io, se lo volessi, potrei mandare delle minacce a chi non mi piace. Potrei farlo, ho questa libertà, ma questa libertà è soprattutto la libertà di scegliere se mandare la minaccia o meno, cioè libertà di sapere di poterlo fare senza l'assillo del controllo. Qual è la discriminante? La mia coscienza, nonché la mia serenità conseguente alla mia condizione di libertà, mi dice di non farlo, mi dice che, se mando una minaccia, questo atto è una sciocchezza sterile e puerile, quindi lascio perdere ben volentieri perché devo dedicarmi alle cose più importanti. Le cose più importanti, in una condizione di libertà e di serenità, sono tutte legate alla convivialità (Ivan Illich), ai rapporti umani, alla solidarietà, allo sviluppo della vita. In libertà si pensa a vivere e a lasciar vivere.
Nei sistemi statali, controllati, normati, coercitivi, gerarchizzati, la convivialità non esiste, non può esistere, e non deve esistere! Sennò a che serve quella struttura di controllo e di repressione di nome Stato? E siccome nello stato non esiste la cultura della vita e della convivialità e della solidarietà, i crimini dilagano e servono anche come sfogo all'alienazione personale. Non si sopporta una persona? Allora ci si sfoga mandandole minacce, critiche, dispetti, accuse. Si conclude qualcosa? No. Questo è il sistema violento, tutto il contrario dell'anarchia. E più il sistema vuole mettere sotto controllo i sudditi, più si vive in cattività. Con lo stato si vive in cattività! Capite il senso della parola cattività? Allora la gente, la massa, guarda ai singoli crimini generati dal sistema e si aggrappa a quest'ultimo per poterli sconfiggere. Che terribile inganno! Qualcuno aveva detto: 'la legge non ha mai reso l'Uomo un tantino più giusto'. Nessuno può smentire quest'affermazione di Thoreau. Ormai è anche Storia. Una Storia che ha però solo 5000 anni circa. Ma allora prima dello Stato non c'erano crimini? Molti di meno, è accertato. Purtroppo l'immagine che il sistema censoreo dà delle nostre origini è sempre quella del bruto ominide con la clava e la bava alla bocca e in lotta con tutti. Ma che sciocchezza antropologica! Semmai è lo Stato che ha inventato guerre e confini, e pure le armi per far difendere i confini. Prima dello Stato si viveva in armonia e in solidarietà, in amabile anarchia, e questo blog l'ha ampiamente dimostrato con questo post. (lo trovate anche in fondo a questo articolo, nelle faq).
Conclusione? Sarebbe il caso di guardare alla luna anziché al dito, guardare cioè all'origine vera e assoluta dei mali sociali, anziché al male relativo prodotto da qualche idiota statalizzato e massificato, alienato e reso aggressivo dal sistema. Chi vuole normare internet non ha solo paura del mondo, come si dice in quest'altro post, ma ha paura della vera e nobile libertà che, ripetiamolo, è soprattutto libertà di scelta, senza avere nessun fiato sul collo in merito al fare o non fare una cosa, una scelta determinata e messa in atto dalla coscienza del singolo, che soltanto se è libero da sovrastrutture coercitive e dogmatiche produce vita e relazioni armoniche, convivialità e progresso morale. Noi certamente condanniamo le minacce, le intimidazioni (anche noi ne siamo stati vittime), ma non giustifichiamo l'esistenza di un sistema generalizzato di controllo/repressione che è il primo responsabile (indiretto, perciò meno evidente) di questi modi di agire deprecabili e tuttosommato stupidi e inconcludenti. Noi guardiamo alla luna, non al dito che la indica. Se vogliamo liberarci di un male, sradichiamone la vera causa che l'ha prodotto.

FAQ
Cosa c'era prima dello Stato?
La natura dell'essere umano è aggressiva?
Cosa vuol dire vivere in cattività?


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