venerdì 30 aprile 2010

1° Maggio: '8 ore: decisamente, pacificamente, senza dubbio'

Epoca dura per i lavoratori, tra Ottocento e Novecento, soprattutto per quelli che si indignavano e provavano ad alzare la testa, per quelli che credevano nell'anarchismo come unico mezzo per liberarsi dall'oppressore. Il lavoratore non poteva più sopportare lo sfruttamento nelle fabbriche, nelle miniere e nei campi. Il lavoratore non doveva più essere lo strumento di arricchimento della borghesia capitalista, la stessa che per secoli aveva condotto le comunità in guerra (ed un'altra guerra stava preparandosi). In tutto il mondo, già a metà '800, si respirava un'aria di forte denuncia dei soprusi ad opera delle classi dirigenti sul popolo; e gli intellettuali davano forma e voce a queste denunce contro la borghesia. C'era un fermento vitale generalizzato, popolare, attivo e concreto. La coscienza di ogni singolo cittadino era davvero coscienza di classe, lotta comune, condivisa.
Fu così che nel 1866, dalla Prima Internazionale, si diede il via alle lotte per la rivendicazione delle otto ore lavorative ('otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire'). Ma questa richiesta non arrivò 'soltanto' dalla Russia, poiché l'istanza nasceva da un bisogno dei lavoratori di tutto il mondo. La città di Chicago fu la protagonista di almeno due scioperi memorabili, quello del 1° Maggio 1867 e quello del 1886, quest'ultimo con circa 80 mila persone in protesta. Si è calcolato che soltanto negli USA i cittadini scioperanti furono 400 mila! E lo scioperò durò tre giorni, con violenti scontri tra polizia e manifestanti e conseguenti vittime tra i lavoratori. Una bomba uccise un poliziotto e per questo furono accusati sette anarchici, ma la sentenza di assoluzione arrivò in ritardo (i martiri di Chicago).
Intanto, con il pretesto della bomba (lanciata da chissà chi) si diede avvio a una campagna di forte denigrazione nei confronti degli anarchici, e per contrastare questa vile campagna, venne coniato lo slogan '8 ore: decisamente, pacificamente, senza dubbio'.
La protesta giunse in Europa e, per conseguenza, anche in Italia. Tra il 1888 e il 1891 ci furono scontri nelle principali città italiane, con arresti e morti. Ma nel 1898 ci fu una maggiore repressione da parte delle forze dell'ordine, con decine di morti e centinaia di feriti a Milano. Il massacro fu ordinato del generale Bava Beccaris che ricevette un premio da Umberto I per aver saputo 'ripristinare l'ordine' (a causa di ciò, il re fu assassinato da Gaetano Bresci).
Le 'otto ore' tanto agognate arrivarono in Italia nel 1919, anno in cui Errico Malatesta scrisse il programma anarchico. Ma il fascismo di Mussolini abolirà presto la ricorrenza del 1° Maggio, così come fece Hitler in Germania. Bisognerà aspettare la fine della guerra per rivedere il 1° Maggio tinto di rosso sul calendario, ma non solo sul calendario, giacché in questo giorno ci fu ulteriore spargimento di sangue. Infatti, in un'Italia 'repubblicana e democratica', il 1° Maggio 1947 si compì la strage di Portella della Ginestra: contadini in protesta contro il latifondismo furono barbaramente uccisi, a tradimento, con lunghe raffiche di mitra. La vera colpevole fu l'ipocrita 'repubblica democratica fondata sul lavoro'!
La storia del 1° Maggio è la storia dei diritti dei lavoratori e della loro dignità. Oggi, per molte persone, il 1° Maggio è la data di un bel concerto a Roma. Anche questo è sintomo di una coscienza di classe ormai evaporata, come quel senso di dignità personale che ci induce al totale menefreghismo di fronte ai soprusi. Intanto si continua a morire di lavoro (per chi ce l'ha) e a queste migliaia di morti ogni anno e a tutte le loro famiglie va il nostro accorato e solidale pensiero.



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4 commenti:

yellow ha detto...

Bravo c.c.
Solo a loro.

coscienza critica ha detto...

Il 1° maggio sarà la ricorrenza del non lavoro. In parte lo è già.

Anonimo ha detto...

a tutti quelli che hanno lottato e perso la vita affinché il loro sacrificio non sia stato vano
dani

Clelia ha detto...

La festa dei lavoratori ha perso ogni senso identitario ed idealistico. Sta diventando solo una delle tante scuse per poter far festa, la gita fuori porta, il concerto. Il lavoro oggi piu' che mai deve esssere ricordato come un diritto. Io direi anche di ricordare tutte quelle persone che per mantenere il posto di lavoro sono morte. E questo succede aihme' ogni giorno... Ecco riflettiamo su questo oggi!

Clelia

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