Non potrei mai vivere in un contesto anarchico insieme a delle persone che non hanno capito il senso della collettività, del vivere in mutuo appoggio, pur nel rispetto delle prerogative libertarie. Nei gruppi ancora liberi che vivono lontani dalla civiltà, il senso di collettività è così forte che tutti quanti, al suo interno, sanno bene che la malattia di una persona non è soltanto un motivo di tristezza, ma anche di paura, perché se manca un elemento del gruppo, non importa chi, tutti gli altri sono in qualche modo a rischio, perché tutto nel gruppo è collegato, è una rete. Questo concetto sfugge a molte persone. Insomma, come ci racconta anche l'antropologia, un una comunità libera e autogestita, il diritto alla vita di tutti prevale sulla libertà momentanea dei singoli, sottolineo momentanea, proprio perché tutti sanno bene che è più importante preservare nel tempo il gruppo stesso, la sua incolumità, il suo diritto di esistere come gruppo, che è garanzia di vita di tutti. Ora, al di là dell'assetto schifosamente statuale e autoritario, che naturalmente occorre combattere, sta venendo a mancare il senso della comunità e il valore dell'altro come persona (non come cittadino)!
Sedicenti anarchici che si impuntano su una libertà personale - pur sacrosanta ma momentanea - a scapito di tutti gli altri che magari soffrono e hanno bisogno di comprensione, di tutela e di aiuto - rivela un animo autoritario, decisamente poco incline al mutuo appoggio e al senso stesso di comunità. Prodigi della pedagogizzazione di massa.
Dopodiché, almeno fino a pochi anni fa, c'era ancora un principio che ogni anarchico non era disposto a barattare per nessuna ragione al mondo: mai nessuna piazza condivisa con i fascisti! Ma i tempi cambiano, in peggio, e in troppi stanno mischiando il problema medico con quello politico, non sapendo distinguere le due cose e facendone una poltiglia pericolosa e melmosa, nella quale le persone di buon senso non dovrebbero mai cadere.
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