De Andrè anarchico. Di strano non ci sarebbe proprio nulla se non fosse per il fatto che le sue canzoni, generalmente, non vengono decodificate secondo la chiave originaria, quella anarchica appunto. Allora succede che quelle canzoni, quelle poesie, tu puoi intenderle secondo un'accezione comune, leggendo le increspature della loro superficie (più o meno spessa), oppure puoi superare la scorza del significante, oltrepassare la membrana (molte volte metaforica) e capirne il senso più profondo, il vero significato. In quest'ultimo caso, però, è necessaria una conoscenza e una coscienza anarchiche, bisogna possedere gli strumenti propri. Non si potranno mai capire fino in fondo molte canzoni di Faber se dell'anarchia si conosce soltanto quella serie ridicola (passatecelo) di pregiudizi preconfezionati e totalmente falsi. Il meraviglioso mondo anarchico di De Andrè non è poi così nascosto se si conosce davvero l'anarchia, i suoi principi, le sue motivazioni.
Gli elementi significanti che costituiscono il 'concreto evidente' dei testi di De Andrè rispondono certamente anche a un'esigenza di lettura più superficiale, ma non sempre questa lettura è appagante. Ad esempio, di fronte alle parole del testo 'Amico fragile', quando ci si imbatte nel frammento che dice 'potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo con una scatola di legno che dicesse perderemo', sembra di leggere parole senza senso, alle quali tutt'al più si potrebbe dare una spiegazione ioneschiana, intesa nel senso della distruzione del lessico borghese e stereotipato), invece la decodifica che passa attraverso il filtro della coscienza anarchica ci indica una precisissima interpretazione, un unico significato possibile.
La poetica di De andrè non contempla, generalmente, messaggi passanti attraverso il simbolo (nel senso più puro del termine), sarebbe un errore crederlo. Semmai si potrebbe parlare di linguaggio metafisico simile a quello di Montale ('... qualche Rom si è fermato, italiano, come un rame a imbrunire su un muro'). E' comprensibile, però, che la non conoscenza dei principi anarchici possa portare a considerare gli elementi significanti come simboli. E' gioco forza. Ma è un gioco scorretto.
Tra le canzoni di De Andrè ve ne sono alcune dove il significato viene distribuito interamente in ognuna delle strofe, originando così una ridondanza del messaggio che si esplica in vari modi ed esempi, strofa dopo strofa (es. 'Via della povertà'). In altre canzoni, invece, il significato emerge soltanto dopo aver preso in considerazione l'analisi di tutto il testo, come ad esempio in 'Amore che vieni, amore che vai'. Riguardo a questa canzone, l'ascoltatore sprovvisto di conoscenza anarchica penserà immediatamente che si tratti di una canzone che parla di amore. Logico, la parola amore è anche nel titolo. Ma questa è la lettura più superficiale. In questo caso la canzone si comporta esattamente come quei quadri dove il vero significato va oltre il titolo. 'Amore che vieni, amore che vai' è una metafora. La canzone parla del legame disgraziato e caduco che si instaura tra i cittadini e i governi da essi stessi scelti, quindi amati. Pensando a De Andrè anarchico, questa canzone è a mio giudizio una tra le sue più esplicative. Il rapporto amoroso tra il cittadino e il suo governo risulta perennemente fallimentare, esattamente come avviene nella realtà, poiché i governi deludono sempre, uno dietro l'altro. Ma il cittadino vuole ogni volta ritornare ad illudersi. E' un continuo andirivieni di tentativi. Governi trovati e perduti, prima amati e dopo odiati. 'Venuto dal sole o da spiagge dorate, perduto in novembre o col vento d'estate, io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai, amore che vieni, amore che vai'. Straordinariamente esplicativa la seconda strofa, dove il riferimento è al colore politico, cioè ai vari partiti che seducono l'elettore usando sempre 'le stesse parole d'amore', ma che puntualmente, questione di tempo ('fra un mese o fra un anno'), vengono scordate e disattese. Buon ascolto.
Gli elementi significanti che costituiscono il 'concreto evidente' dei testi di De Andrè rispondono certamente anche a un'esigenza di lettura più superficiale, ma non sempre questa lettura è appagante. Ad esempio, di fronte alle parole del testo 'Amico fragile', quando ci si imbatte nel frammento che dice 'potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo con una scatola di legno che dicesse perderemo', sembra di leggere parole senza senso, alle quali tutt'al più si potrebbe dare una spiegazione ioneschiana, intesa nel senso della distruzione del lessico borghese e stereotipato), invece la decodifica che passa attraverso il filtro della coscienza anarchica ci indica una precisissima interpretazione, un unico significato possibile.
La poetica di De andrè non contempla, generalmente, messaggi passanti attraverso il simbolo (nel senso più puro del termine), sarebbe un errore crederlo. Semmai si potrebbe parlare di linguaggio metafisico simile a quello di Montale ('... qualche Rom si è fermato, italiano, come un rame a imbrunire su un muro'). E' comprensibile, però, che la non conoscenza dei principi anarchici possa portare a considerare gli elementi significanti come simboli. E' gioco forza. Ma è un gioco scorretto.
Tra le canzoni di De Andrè ve ne sono alcune dove il significato viene distribuito interamente in ognuna delle strofe, originando così una ridondanza del messaggio che si esplica in vari modi ed esempi, strofa dopo strofa (es. 'Via della povertà'). In altre canzoni, invece, il significato emerge soltanto dopo aver preso in considerazione l'analisi di tutto il testo, come ad esempio in 'Amore che vieni, amore che vai'. Riguardo a questa canzone, l'ascoltatore sprovvisto di conoscenza anarchica penserà immediatamente che si tratti di una canzone che parla di amore. Logico, la parola amore è anche nel titolo. Ma questa è la lettura più superficiale. In questo caso la canzone si comporta esattamente come quei quadri dove il vero significato va oltre il titolo. 'Amore che vieni, amore che vai' è una metafora. La canzone parla del legame disgraziato e caduco che si instaura tra i cittadini e i governi da essi stessi scelti, quindi amati. Pensando a De Andrè anarchico, questa canzone è a mio giudizio una tra le sue più esplicative. Il rapporto amoroso tra il cittadino e il suo governo risulta perennemente fallimentare, esattamente come avviene nella realtà, poiché i governi deludono sempre, uno dietro l'altro. Ma il cittadino vuole ogni volta ritornare ad illudersi. E' un continuo andirivieni di tentativi. Governi trovati e perduti, prima amati e dopo odiati. 'Venuto dal sole o da spiagge dorate, perduto in novembre o col vento d'estate, io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai, amore che vieni, amore che vai'. Straordinariamente esplicativa la seconda strofa, dove il riferimento è al colore politico, cioè ai vari partiti che seducono l'elettore usando sempre 'le stesse parole d'amore', ma che puntualmente, questione di tempo ('fra un mese o fra un anno'), vengono scordate e disattese. Buon ascolto.
1 commento:
I personaggi di Jonesco adoperano un
lessico borghese e streotipato che
risulta solo rumore privo di senso-
In questo testo di De Andrè è chiaro
che l'amore non è rivolto ad una donna,quanto piuttosto a un tormento interiore un ideale a qualcosa di
astratto.Non l'ho mai ascoltata con
attenzione adesso capisco-La mia opinione è che usi metafore.Mi è subito arrivata Shampoo,di Gaber è
immediato il messaggio-L'uomo compie un gesto rivoluzionario il
solo che può permettersi sfiduciato
com'è-E' un inizio-Di De Andrè la
canzone il mio mito resta "Un Giudice",Jordie Il Pescatore -
Egill
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