Versione tradotta dal francese
Da un volantino antielettorale, 1° marzo 1906.
Sei tu il criminale, o popolo, poiché sei tu il sovrano. Tu sei, è vero, il criminale incosciente e ingenuo. Tu voti e non vedi neanche che sei tu la vittima di te stesso.
Eppure, non hai tu sperimentato abbastanza che i deputati, che promettono di difenderti, così come tutti i governi del mondo attuali e passati, sono degli imbroglioni e degli impotenti?
Tu lo sai e te ne lamenti! Tutti i governanti, di qualunque tipo, hanno lavorato, lavorano e lavoreranno solo per i loro interessi, per quelli delle loro caste e delle loro cricche.
Dov'è stato e come potrebbe essere diversamente? I governati sono dei subalterni e degli sfruttati: tu ne conosci qualcuno che non lo sia?
Finché non avrai capito che la produzione e la vita che vorresti appartengono solo a te, finché sopporterai -per paura- e creerai quelle autorità che credi necessarie, capi e direttori, i tuoi delegati vivranno del tuo lavoro e della tua stupidità. Tu ti lamenti di tutto! Ma non sei tu stesso l'autore delle mille ferite che ti divorano?
Ti lamenti della polizia, dell'esercito, della giustizia, delle caserme, delle prigioni, delle amministrazioni, delle leggi, dei ministri, del governo, del fisco, degli speculatori, dei funzionari, dei padroni, dei preti, dei proprietari, del salario, della disoccupazione, del parlamento, delle tasse, dei dazi, delle pensioni, dei costi del cibo, degli affitti, delle lunghe giornate di lavoro, della miseria, delle privazioni senza fine, e dell'infinita massa di iniquità sociali.
Tu ti lamenti; ma tu vuoi il mantenimento di questo sistema dove tu vegeti. Certe volte tu ti ribelli, ma per ricominciare sempre nello stesso modo. Sei tu che produci tutto, che ari e semini, che fabbrichi e tessi, che modelli e trasformi, che costruisci e edifichi, che alimenti e fecondi!
Perché dunque non arrivi a sfamarti? Perché sei tu il malvestito, il malnutrito, il malealloggiato? Sì, perché sei senza pane, senza scarpe, senza dimora? Perché non sei tu il tuo padrone? Perché ti inchini, obbedisci, servi? Perché sei tu l'inferiore, l'umiliato, l'offeso, il servo, lo schiavo?
Tu progetti tutto e però non possiedi niente. Tutto è fatto attraverso di te, però non sei nulla.
Mi sbaglio, tu sei l'elettore, il votante, quello che accetta ciò che è; quello che, attraverso la scheda elettorale, punisce tutte le sue miserie; quello che, votando, dedica tutta la sua servitù.
Tu sei il cameriere volontario, l'amabile domestico, il lacché, il servo, il cane che lecca la frusta stando su due zampe davanti il pugno del padrone. Tu sei il gendarme, il carceriere, il delatore. Tu sei il buon soldato, il portiere modello, il locatore benevolo. Tu sei l'impiegato fedele, il servitore devoto, il contadino bonaccione, l'operaio rassegnato della tua schiavitù. Tu sei il carnefice di te stesso. Di cosa ti lamenti?
Tu sei un pericolo per noi, uomini liberi, un pericolo per noi anarchici. Tu sei un pericolo esattamente come i tiranni, come i padroni ai quali ti offri, che tu nomini, che tu sostieni, che tu nutri, che tu proteggi con i fucili, che tu difendi con la tua forza bruta, che tu esalti con la tua ignoranza, che tu legittimi col tuo voto, e che tu ci imponi attraverso la tua imbecillità.
Sei veramente tu il sovrano, quello che si suol lusingare e ingannare. I discorsi ti incensano, i manifesti ti ritraggono; tu ami le stupidità e le ruffianate: sii soddisfatto, aspettando di essere fucilato nelle colonie, d'essere massacrato alle frontiere, all'ombra della tua bandiera.
Se delle lingue interessate a leccare la merda reale, o sovrano! Se dei candidati affamati di comando e ubriachi di banalità spazzolano la colonna vertebrale e l'anca della tua autocrazia di carta; se tu ti esalti per le lodi e per le promesse che ti riversano quelli che ti hanno sempre tradito, ingannato e che ti venderanno domani; è perchè tu somigli a loro: è perché tu non sei migliore dell'orda dei tuoi famelici adulatori. E' perché non potendo elevare la coscienza della tua individualità e della tua indipendenza, tu sei incapace di affrancarti da te stesso. Tu non vuoi, dunque non puoi essere libero.
Andiamo, vota bene! Abbi fiducia nei tuoi delegati, credi nei tuoi eletti.
Ma smetti di lamentarti. I gioghi che subisci, sei tu che te l'imponi. I crimini di cui soffri, sei tu che li commetti. Sei tu il capo, sei tu il criminale e, ironia, sei tu lo schiavo, sei tu la vittima.
Noialtri, stanchi dell'oppressione dei capi che tu ci dài, stanchi di sopportare la loro arroganza, stanchi di sopportare la tua passività, noi ti chiamiamo alla riflessione e all'azione.
Andiamo, fai una buona mossa: lascia la stretta abitudine della legislazione, lava il tuo rude corpo, affinché crepino i parassiti e i vermi che ti divorano. Solo allora potrai vivere pienamente.
Publié par l'anarchie n° 47, signé Albert Libertad.
Fonte
Da un volantino antielettorale, 1° marzo 1906.
Sei tu il criminale, o popolo, poiché sei tu il sovrano. Tu sei, è vero, il criminale incosciente e ingenuo. Tu voti e non vedi neanche che sei tu la vittima di te stesso.
Eppure, non hai tu sperimentato abbastanza che i deputati, che promettono di difenderti, così come tutti i governi del mondo attuali e passati, sono degli imbroglioni e degli impotenti?
Tu lo sai e te ne lamenti! Tutti i governanti, di qualunque tipo, hanno lavorato, lavorano e lavoreranno solo per i loro interessi, per quelli delle loro caste e delle loro cricche.
Dov'è stato e come potrebbe essere diversamente? I governati sono dei subalterni e degli sfruttati: tu ne conosci qualcuno che non lo sia?
Finché non avrai capito che la produzione e la vita che vorresti appartengono solo a te, finché sopporterai -per paura- e creerai quelle autorità che credi necessarie, capi e direttori, i tuoi delegati vivranno del tuo lavoro e della tua stupidità. Tu ti lamenti di tutto! Ma non sei tu stesso l'autore delle mille ferite che ti divorano?
Ti lamenti della polizia, dell'esercito, della giustizia, delle caserme, delle prigioni, delle amministrazioni, delle leggi, dei ministri, del governo, del fisco, degli speculatori, dei funzionari, dei padroni, dei preti, dei proprietari, del salario, della disoccupazione, del parlamento, delle tasse, dei dazi, delle pensioni, dei costi del cibo, degli affitti, delle lunghe giornate di lavoro, della miseria, delle privazioni senza fine, e dell'infinita massa di iniquità sociali.
Tu ti lamenti; ma tu vuoi il mantenimento di questo sistema dove tu vegeti. Certe volte tu ti ribelli, ma per ricominciare sempre nello stesso modo. Sei tu che produci tutto, che ari e semini, che fabbrichi e tessi, che modelli e trasformi, che costruisci e edifichi, che alimenti e fecondi!
Perché dunque non arrivi a sfamarti? Perché sei tu il malvestito, il malnutrito, il malealloggiato? Sì, perché sei senza pane, senza scarpe, senza dimora? Perché non sei tu il tuo padrone? Perché ti inchini, obbedisci, servi? Perché sei tu l'inferiore, l'umiliato, l'offeso, il servo, lo schiavo?
Tu progetti tutto e però non possiedi niente. Tutto è fatto attraverso di te, però non sei nulla.
Mi sbaglio, tu sei l'elettore, il votante, quello che accetta ciò che è; quello che, attraverso la scheda elettorale, punisce tutte le sue miserie; quello che, votando, dedica tutta la sua servitù.
Tu sei il cameriere volontario, l'amabile domestico, il lacché, il servo, il cane che lecca la frusta stando su due zampe davanti il pugno del padrone. Tu sei il gendarme, il carceriere, il delatore. Tu sei il buon soldato, il portiere modello, il locatore benevolo. Tu sei l'impiegato fedele, il servitore devoto, il contadino bonaccione, l'operaio rassegnato della tua schiavitù. Tu sei il carnefice di te stesso. Di cosa ti lamenti?
Tu sei un pericolo per noi, uomini liberi, un pericolo per noi anarchici. Tu sei un pericolo esattamente come i tiranni, come i padroni ai quali ti offri, che tu nomini, che tu sostieni, che tu nutri, che tu proteggi con i fucili, che tu difendi con la tua forza bruta, che tu esalti con la tua ignoranza, che tu legittimi col tuo voto, e che tu ci imponi attraverso la tua imbecillità.
Sei veramente tu il sovrano, quello che si suol lusingare e ingannare. I discorsi ti incensano, i manifesti ti ritraggono; tu ami le stupidità e le ruffianate: sii soddisfatto, aspettando di essere fucilato nelle colonie, d'essere massacrato alle frontiere, all'ombra della tua bandiera.
Se delle lingue interessate a leccare la merda reale, o sovrano! Se dei candidati affamati di comando e ubriachi di banalità spazzolano la colonna vertebrale e l'anca della tua autocrazia di carta; se tu ti esalti per le lodi e per le promesse che ti riversano quelli che ti hanno sempre tradito, ingannato e che ti venderanno domani; è perchè tu somigli a loro: è perché tu non sei migliore dell'orda dei tuoi famelici adulatori. E' perché non potendo elevare la coscienza della tua individualità e della tua indipendenza, tu sei incapace di affrancarti da te stesso. Tu non vuoi, dunque non puoi essere libero.
Andiamo, vota bene! Abbi fiducia nei tuoi delegati, credi nei tuoi eletti.
Ma smetti di lamentarti. I gioghi che subisci, sei tu che te l'imponi. I crimini di cui soffri, sei tu che li commetti. Sei tu il capo, sei tu il criminale e, ironia, sei tu lo schiavo, sei tu la vittima.
Noialtri, stanchi dell'oppressione dei capi che tu ci dài, stanchi di sopportare la loro arroganza, stanchi di sopportare la tua passività, noi ti chiamiamo alla riflessione e all'azione.
Andiamo, fai una buona mossa: lascia la stretta abitudine della legislazione, lava il tuo rude corpo, affinché crepino i parassiti e i vermi che ti divorano. Solo allora potrai vivere pienamente.
Publié par l'anarchie n° 47, signé Albert Libertad.
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