Visualizzazione post con etichetta lo Stato. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta lo Stato. Mostra tutti i post

mercoledì 21 agosto 2013

Storia dell'asservimento umano (video)

Perché ancora qualcuno crede (ancora) alla storiella dello Stato quale entità metafisica a garanzia della civiltà, del benessere, della giustizia e della libertà. In questo video sottotitolato vi si racconta la storia della schiavitù umana che, in tutta evidenza, non è stata mai abolita, ammesso e non concesso che un male sociale possa essere debellato con una dichiarazione scritta o con una legge (qualcuno ci dia una prova che ciò si sia verificato). Dal video emerge chiaramente il fatto che quando un cittadino pensa che lo Stato faccia qualcosa per lui, in realtà lo Stato lo sta ingannando. Buona visione. 





giovedì 8 agosto 2013

Morire di menzogne: la guerra

 - Nostra patria è il mondo intero -
Non si fa la guerra perché c'è un nemico brutto e cattivo al di là della frontiera. Questo è quello che la propaganda di stato, nazionalista e fascista, fa credere ai sudditi per impaurirli e prepararli al massacro. Si fa la guerra affinché i sudditi preparino il terreno ai padroni, i quali hanno fabbriche e aziende da impiantare all'estero; aziende che hanno fame e sete di risorse umane, animali e naturali. Il nuovo sfruttamento delle risorse, è chiaro, avviene dopo la guerra, e sulla base di questo sfruttamento di esseri viventi e ambiente, le borse-valori di tutto il mondo fanno affari enormi. Ma in borsa sono proprio le aziende del Paese invasore a straguadagnare. Quindi l'enorme ricchezza dei padroni fatta sulla pelle della gente prende due strade: da una parte c'è la colonizzazione forzata con i nuovi schiavi che producono per il nuovo padrone invasore (ricchezza diretta), dall'altra parte il nuovo padrone moltiplica i guadagni attraverso la quotazione in borsa delle sue aziende (ricchezza indiretta). 
A guadagnarci con la guerra sono tutti, tranne i popoli che sono considerati servi e carne da cannone, non solo durante la guerra; è sufficiente imbonirli e renderli aggressivi. Imbonimento e aggressività sono due condizioni che devono essere sempre alimentate, e per questo ci pensa lo stato con la sua pedagogia continua e a circuito chiuso (famiglia tradizionale, scuola tradizionale, parrocchia, mass-media). La società così plasmata non soltanto sarà sempre pronta ad accogliere le menzogne dei governi e a massacrare 'i nemici', ma si comporterà in modo tale da perpetuarsi così com'è, nel modo voluto dai pedagogisti di sistema. Anche per questo motivo il nostro vero nemico non è nostro fratello o nostra sorella oltre il confine artificiale, ma è lo stato, la più grande tragica menzogna degli ultimi 5000 anni.

Foto.
Manoscritto dell'artista anarchico T. A. Steinlen.
'Finché la guerra sarà un buon affare in borsa, non c'è alcun motivo per disgustarsene'. (Revue d'Italie, 1905)




domenica 2 giugno 2013

Modello statale: il dossieraggio


Tra le caratteristiche dell'autoritarismo c'è anche la pratica del dossieraggio, involontario o volontario, diretto o indiretto. Gli autoritari non sanno fare a meno di prendere informazioni su tutto e su tutti, non certo per amor solidale, ma perché devono avere tutto sotto controllo, devono anche poter classificare le persone secondo parametri mentali soggettivi, gerarchici. Gli autoritari, sapendosi in posizione colpevole e fragile, devono sentirsi sicuri il più possibile, perciò non possono lasciare dei vuoti cognitivi in merito alla vita delle persone che gestiscono, di queste devono conoscere tutto (dove abitano, cosa possiedono, quanto guadagnano, di chi sono parenti, come si abbigliano, quale partito sostengono...), sì da prevederne persino le mosse, gli umori, le idee, le inclinazioni... quindi giudicarle, decidendo se è il caso di tenerle sotto più stretta sorveglianza, e tenendo buone le informazioni acquisite anche per operare ricatti.
Il dossieraggio volontario, cioè quello svolto volontariamente dal sondato, si ottiene attraverso tutte quelle forme di informativa burocratica che la legge impone e che vengono percepite innocenti o utili (ad es. il censimento, il redditometro, o i numerosi questionari istituzionali o aziendali); mentre il dossieraggio involontario è quello svolto privatamente e segretamente dall'autoritario, e a questo scopo il singolo autoritario si avvale di strutture confessionali e di collaboratori (leccaculo) pronti a diventare spie eccellenti, kapò raffinatissimi, che spesso riportano anche considerazioni personali, ulteriormente arbitrarie, i vari 'sentito dire', che si traducono quindi in calunnie micidiali, molto utili all'autoritario ai fini della sua classificazione. Una volta marchiato il soggetto (meglio dire l'oggetto) con un'etichetta, qualsiasi cosa faccia il marchiato sarà visto attraverso il filtro arbitrario applicato a monte: il pregiudizio.
Il marchiato, il bollato, il classificato, il calunniato, il ricattato, sarà quindi ingabbiato, incatenato anche mentalmente, e da schiavo controllato avrà la sua vita totalmente condizionata, penserà soltanto in funzione di ciò che di lui si dice (o che si potrebbe dire), non potrà sbagliare, perché al minimo errore, o anche solo al minimo sospetto, tutti intorno a lui -cioè tutta la società che crede alle autorità e al loro gioco- lo additeranno come colpevole e sarà punito. Persino quelli che non avrebbero alcun motivo per accusare il classificato cadono nel tranello autoritario e lo accusano, al solo scopo vigliacco di fare 'bella figura' davanti all'autoritario e sperare in una medaglietta come ricompensa, o un passaggio di grado per diventare anch'essi capi e fare agli altri esattamente quello che hanno subìto.
Capite bene perché la solidarietà è un'arma, e perché questa non è oggetto di cultura nelle società statalizzate, dove tutto è stato invece fondato sulla competizione e le etichette. Pensiamoci come persone, e non come oggetti classificabili e ricattabili. Strappiamo le etichette (mentali e non), non facciamo gli sbirri di noi stessi, il sistema autoritario è fragile di per sé, non rendiamolo forte, non autoingabbiamoci.

target="_blank"
target="_blank"
target="_blank"

mercoledì 8 maggio 2013

Che 'ordine' è quello che s'impone con la violenza?

Gli uomini vengono messi letteralmente a cuccia dallo stato e dalla chiesa a forza di paura e di coercizione. Ma questo non è 'ordine', è violenza. Che logica è quella di dimostrare di aver ottenuto l'ordine attraverso la violenza? Ma poi l'ordine è un'altra cosa, è armonia, è accordo che nasce dai rapporti solidali e paritari tra persone libere. Nessun ordine spontaneo e schietto può nascere dai rapporti autoritari, dogmatici e gerarchici. Perciò usano la violenza, il ricatto, la repressione, quindi l'inquadramento orwelliano, anche se queste tecniche violente dimostrano esattamente tutto il contrario di quello che falsamente dicono di prefiggersi. Gli fa comodo così, gli fa comodo creare disordine e violenza, sennò a cosa serve il loro lavoro? Per chi ama le simmetrie forzate, sarà anche 'visivamente bello' vedere bipedi tutti regolari, in file regolari, che rispettano e onorano il posto assegnato, muti, impauriti, timorati di dio e della legge, calmi come tanti scolaretti obbedienti; e in questo allineamento forzato alcuni bipedi potranno anche vederci dell'ordine, così almeno dicono o gli hanno detto di dire, noi ci vediamo solo degli esseri tristemente e terribilmente disumanizzati, per giunta convinti che sia tutto normale. 

target="_blank"
target="_blank"
target="_blank"

sabato 4 maggio 2013

Il popolo del web aggredito, assediato, turlupinato

Qualcuno vuole normare internet? Più di qualcuno, e guarda caso questi 'qualcuno' non costituiscono il popolo di internet, ma sono quelli che vogliono mettere sotto controllo questo popolo dinamico, variegato, vivo, vogliono mettergli il fiato sul collo, e punirlo all'occorrenza. Una volta che la levata di scudi parte dal pulpito più alto, allora anche alcuni popolani del web si accodano come le oche o le pecore, e sono pronti alla vendetta, alla guerra tra poveri, aiutando così la violenza del sistema a perpetuarsi. Questo non vi ricorda nulla? Non vi fa pensare, ad esempio, alla triste condizione degli esseri umani che sono stati schiavizzati dal sistema statale gerarchico da 5000 anni a questa parte? Coraggio, ammettiamolo tutti: un popolo libero -virtuale o reale che sia- fa sempre paura ai despoti. Chi onora le richieste dei despoti è despota a sua volta, e non capisce che si tratta di demagogia spacciata per sicurezza. Ma poi non esiste neppure un virtuale disgiunto dal reale: le mani che scrivono queste parole sono ben reali, come il sentimento che le guida. Internet è uno strumento comunicativo che appartiene alla realtà, esattamente come il telefono, il foglio di carta spedito via posta, una sala per le esposizioni di quadri... Oh, certo, in tutti i regimi autoritari anche i telefoni sono sotto controllo, e anche i servizi postali, e persino certe esposizioni di quadri erano state vietate da Hitler, e quando non è il despota a vietare, è il pensiero clerical borghese a fare il cane da guardia, quel pensiero moralista che è stato innestato profondamente nelle masse controllate. 
Ora immaginate, ad esempio, quale tipo di predisposizione emotiva avrà colui che, sapendo di avere il telefono sotto controllo, fa o riceve una telefonata. Avrà la predisposizione di colui che si sente costretto a soffocare la sua personale spontaneità, non sia mai che gli scappi una parolaccia di troppo contro un politico. Per alcuni forse questa restrizione personale non significa niente (la massa è abituata fin dall'asilo ad accettare restrizioni e punizioni, le considera cosa ovvia), ma per chi ha motivo di credere nello sviluppo dell'individuo nella sua piena totalità, questo fiato sul collo, questo controllo, queste repressioni, non rappresentano altro che crimini contro l'individuo, gravissime limitazioni al processo evolutivo della personalità e della morale naturale, sbarre imposte alla piena e affermata individualità, tutte cose che finiscono per distruggere la serenità e l'autodeterminazione e il concetto stesso di 'persona'. E attenzione: personam può essere definita solo quell'essere vivente che possiede precise caratteristiche naturali, fra le quali la sua propria autodeterminazione, l'autostima, la libertà espressiva, la libertà di scelta. Cose che il sistema statale ha represso e continua a reprimere. Non a caso.
Certa gente segue ciecamente la corrente moralistica che viene calata dall'alto, e confonde, associandolo, il concetto di libertà con quello di violenza. Secondo il cittadino statalizzato, infatti, la violenza sarebbe necessariamente una conseguenza della libertà. Praticamente la stessa idiozia che è stata appiccicata all'anarchia, e che ancora oggi stupidamente qualcuno tende a dar credito. Non sa, quel qualcuno, che la verità è da tutt'altra parte. Ecco qui, stanno facendo di internet la stessa cosa che hanno fatto all'anarchia, la stanno criminalizzando per bene. Voi che leggete, in quanto popolo di internet, siete tutti potenzialmente criminali, a prescindere. Stanno facendo percepire internet come il regno del caos e della violenza. Ma signori miei, il caos sono loro, la violenza è il loro 'ordine' creato per mezzo della repressione. Vi sentite davvero sicuri con lo Stato? Vi ha mai dato giustizia, lo Stato? E la pace? E la serenità? Se no, in 5000 anni di statalizzazione, con quale diritto lo Stato viene ancora oggi a pontificare moralizzando ciò che non ha alcun bisogno di essere moralizzato? Prove alla mano, s'intende. Qui non c'è nulla di ipotetico. Fino a oggi, si può dire, internet non ha avuto bisogno di norme esterne (anche se leggi esterne sul web già esistono, come anche una polizia specifica), ognuno è sempre stato la norma di se stesso, come avviene in anarchia, e si è assunto sempre le proprie responsabilità. Il fatto che esista qualche idiota aggressivo non può giustificare tutto un sistema di oppressione generale. Nessun despota (essendo tale è di per sé immorale) può accampare pretesti per normare tutti incondizionatamente, controllare, imprigionare i pensieri, le azioni, le intenzioni stesse. Il popolo della rete si rende già conto che questo controllo preventivo è un crimine, un'ingiustizia che stava per essere messa in atto -non a caso- già col governo Berlusconi. Ma allora questo popolo dovrebbe egualmente capire che ciò che vogliono fare alla rete (controllarla, normarla, punirla), lo hanno già fatto i signori del sistema alla vita di ognuno di noi, fuori dalla rete. Non siamo liberi nella vita, dobbiamo essere prigionieri anche in rete? Di questo passo si inventeranno pure un'aliquota sul tempo trascorso davanti allo schermo, e a quel punto ci obbligheranno pure a rimanerci davanti allo schermo, sempre sotto controllo s'intende, e sotto minaccia di punizione. Come avviene nella vita. Vita?
Ma la cosa più interessante, a nostro parere, vorremmmo dirla adesso. Che cos'è la libertà? E' davvero un voler fare quello che ci pare, includendo in questa frase anche il crimine, come ha sempre fatto credere il sistema laddove ha voluto mettere le sue zampe? Neanche per sogno. Questo è un errore madornale in cui la massa indottrinata crede, e ci crede perché il modello di giudizio sulle cose che le è stato inculcato comprende anche il fatto di pensare che la libertà faccia per forza rima con crimine. Cosa insegnano i maestri pedagogizzati dallo stato agli scolaretti? Dicono: 'se non stai fermo nel banco finisce che ti fai male o fai male a qualche compagno'. Il bambinetto finirà per crederci, anche se aveva solo voglia di liberare le sue gambe e non di fare male agli altri. Forse quello stesso scolaretto diventerà maestro a sua volta, come succede, ma da adulto avrà già imparato a limitare la libertà dei suoi studenti, avanzando la stessa scusa del suo antico maestro. Senonché anche la pedagogia libertaria (la più umana) ha dimostrato esattamente il contrario, e cioè che là dove esistono restrizioni e autoritarismi proliferano i crimini e gli atti violenti. 
Ma allora cos'è la libertà? In verità un individuo completamente libero non matura alcun pensiero criminale, non pensa di andare in strada ad ammazzare la gente, a meno che non sia uno squilibrato mentale. E badate bene, se oggi esistono molte persone che in testa hanno solo armi e guerre, è perché questo è il modello culturale che il sistema inculca. Ed è sempre la scuola istituzionale che insegna a competere, a lottare, ad essere mentalmente e fisicamente aggressivi, il bullismo è un fenomeno che nasce anche a scuola, lì stanno i ragazzini, lì si propaga, lì è in preoccupante aumento, i bambini non sanno più relazionarsi se non a spintoni e accuse reciproche, non sanno solidarizzare. E' il sistema che crea tutto questo. e non veniteci a dire che lo Stato fa di tutto per infondere modelli di solidarietà. Accendete la tv e vedrete. Le parole poi non servono, i bambini imparano copiando i fatti degli adulti, non le loro belle parole. La pedagogia violenta dello stato è il modello educativo imperante. Un popolo davvero libero è invece sereno, e quando un popolo è sereno pensa alla vita, non a produrre il male o la morte. E questa serenità -data dalla completa libertà- è quella di pensare di poter fare, che non vuol dire fare. Cioè, tra il FARE e il SAPERE DI POTERLO FARE c'è un universo di mezzo. Facciamo un esempio concreto finché la rete è ancora relativamente libera: adesso io, se lo volessi, potrei mandare delle minacce a chi non mi piace. Potrei farlo, ho questa libertà, ma questa libertà è soprattutto la libertà di scegliere se mandare la minaccia o meno, cioè libertà di sapere di poterlo fare senza l'assillo del controllo. Qual è la discriminante? La mia coscienza, nonché la mia serenità conseguente alla mia condizione di libertà, mi dice di non farlo, mi dice che, se mando una minaccia, questo atto è una sciocchezza sterile e puerile, quindi lascio perdere ben volentieri perché devo dedicarmi alle cose più importanti. Le cose più importanti, in una condizione di libertà e di serenità, sono tutte legate alla convivialità (Ivan Illich), ai rapporti umani, alla solidarietà, allo sviluppo della vita. In libertà si pensa a vivere e a lasciar vivere.
Nei sistemi statali, controllati, normati, coercitivi, gerarchizzati, la convivialità non esiste, non può esistere, e non deve esistere! Sennò a che serve quella struttura di controllo e di repressione di nome Stato? E siccome nello stato non esiste la cultura della vita e della convivialità e della solidarietà, i crimini dilagano e servono anche come sfogo all'alienazione personale. Non si sopporta una persona? Allora ci si sfoga mandandole minacce, critiche, dispetti, accuse. Si conclude qualcosa? No. Questo è il sistema violento, tutto il contrario dell'anarchia. E più il sistema vuole mettere sotto controllo i sudditi, più si vive in cattività. Con lo stato si vive in cattività! Capite il senso della parola cattività? Allora la gente, la massa, guarda ai singoli crimini generati dal sistema e si aggrappa a quest'ultimo per poterli sconfiggere. Che terribile inganno! Qualcuno aveva detto: 'la legge non ha mai reso l'Uomo un tantino più giusto'. Nessuno può smentire quest'affermazione di Thoreau. Ormai è anche Storia. Una Storia che ha però solo 5000 anni circa. Ma allora prima dello Stato non c'erano crimini? Molti di meno, è accertato. Purtroppo l'immagine che il sistema censoreo dà delle nostre origini è sempre quella del bruto ominide con la clava e la bava alla bocca e in lotta con tutti. Ma che sciocchezza antropologica! Semmai è lo Stato che ha inventato guerre e confini, e pure le armi per far difendere i confini. Prima dello Stato si viveva in armonia e in solidarietà, in amabile anarchia, e questo blog l'ha ampiamente dimostrato con questo post. (lo trovate anche in fondo a questo articolo, nelle faq).
Conclusione? Sarebbe il caso di guardare alla luna anziché al dito, guardare cioè all'origine vera e assoluta dei mali sociali, anziché al male relativo prodotto da qualche idiota statalizzato e massificato, alienato e reso aggressivo dal sistema. Chi vuole normare internet non ha solo paura del mondo, come si dice in quest'altro post, ma ha paura della vera e nobile libertà che, ripetiamolo, è soprattutto libertà di scelta, senza avere nessun fiato sul collo in merito al fare o non fare una cosa, una scelta determinata e messa in atto dalla coscienza del singolo, che soltanto se è libero da sovrastrutture coercitive e dogmatiche produce vita e relazioni armoniche, convivialità e progresso morale. Noi certamente condanniamo le minacce, le intimidazioni (anche noi ne siamo stati vittime), ma non giustifichiamo l'esistenza di un sistema generalizzato di controllo/repressione che è il primo responsabile (indiretto, perciò meno evidente) di questi modi di agire deprecabili e tuttosommato stupidi e inconcludenti. Noi guardiamo alla luna, non al dito che la indica. Se vogliamo liberarci di un male, sradichiamone la vera causa che l'ha prodotto.

FAQ
Cosa c'era prima dello Stato?
La natura dell'essere umano è aggressiva?
Cosa vuol dire vivere in cattività?


target="_blank"
target="_blank"
target="_blank"

venerdì 3 maggio 2013

L'asservimento è una disposizione progettata (video)

Un esperimento scientifico televisivo. Fino a che punto l'essere umano, opportunamente istruito ad essere suddito, quindi succube dell'autorità, può spingersi nella sua idiota obbedienza? Ma la questione è ribaltabile in questo senso: fino a che punto l'autorità può spingersi per far compiere ai sudditi atti criminali e violenti contro i loro stessi fratelli? Anche la scienza è intervenuta sull'argomento, lo vedrete nel video, e i risultati sono sconcertanti per chi ancora crede di vivere in una condizione naturale. Nulla è naturale in questo sistema di nome stato, tutto invece è pianificato, nei minimi dettagli, anche la vostra schiavitù, con tutti i crimini e le ingiustizie che questa porta con sé. Vedere per credere. Non vi diciamo buona visione, ma buona comprensione, e magari buona anarchia (l'ordine senza il governo).


A cosa serve l'autorità e quali effetti produce obbedire ad essa. from Scuola Libertaria on Vimeo.
target="_blank"
target="_blank"
target="_blank"

mercoledì 24 aprile 2013

Un pensiero da fuori il recinto

Uomini resi schiavi. Vuol dire che l'insulto più grande all'umanità nonché il crimine più atroce alla libertà arrivano dagli stessi popoli plagiati. 

Le repubbliche rimangono ancora utopie. 
Le democrazie non sono tali. 
Il lavoro salariato è ricatto. 
Il voto è una truffa colossale. 
La libertà... cos'è? 
La giustizia... dove? 
La pace... neanche in sogno. 
Il progresso... immoralità. 
La sicurezza: in nessun luogo statalizzato. 
La salute... produzione di malattie per il profitto. 
L'educazione... addomesticamento obbligatorio. 
L'informazione... propaganda e censura. 
Aria: inquinata. 
Mare: inquinato. 
Terra: inquinata. 
Popoli divisi, abbrutiti, alienati, addestrati alla competizione, legiferati, controllati, indirizzati, spremuti, fidelizzati al partito, fidelizzati al sistema, fidelizzati alle catene, indottrinati, imboniti, anestetizzati, illusi, illusi, illusi, resi incapaci di reagire, resi incapaci di concepire la libertà, resettati e riprogrammati, non vedono, non vogliono vedere, non sanno vedere, non possono, e sperano -lagnandosi- in un deus ex machina che arriva sempre, ma per incularli. Avanti il prossimo. Che non conti su di noi.
 
target="_blank"
target="_blank"
target="_blank"

mercoledì 10 aprile 2013

La storia delle mucche d'allevamento

C'erano una volta degli allevatori di mucche che si erano riuniti in un'associazione e avevano creato un grande recinto dove tutte le mucche dovevano produrre latte e vitelli. Gli allevatori avevano chiamato quel recinto 'Stato'. I vitelli che nascevano in quel recinto si abituavano molto presto a quegli spazi e ai pesanti doveri, c'era una scuola per imparare ad abituarsi, ed erano guai se qualche vitello pensava di uscire dal recinto, peggio ancora se tentava di convincere gli altri che là fuori c'erano molti prati e libertà, quei vitelli recalcitranti venivano presi dagli stessi fratelli e rinchiusi in compartimenti rieducativi: dovevano imparare a pensare come le altre mucche! E di fatto, col passare del tempo, tutte le mucche si convincevano che oltre il recinto non ci fosse nulla, solo caos, addirittura violenza; non si accorgevano, le mucche, che erano esse stesse dentro il caos, dentro la violenza, costrette dal mattino alla sera a produrre per degli allevatori senza scrupoli che imponevano regole e orari. Ma le mucche, educate dagli stessi allevatori, avevano imparato a considerare quelle regole e quegli orari come una cosa giusta, utile, che dà onore e dignità.
Un giorno però dieci mucche, tuttosommato scontente della loro condizione, decisero di farsi forza e di protestare contro gli allevatori, i quali, temendo la forza di queste mucche, pretesero e ottennero che una sola mucca poteva, in rappresentanza di tutte le altre, rimanere a discutere con gli allevatori. Nacque il sindacato delle mucche. La mucca-capo di questo sindacato decise così di parlare agli allevatori: 'guardate, noi siamo scontente, voi ci fate produrre troppo latte in cambio di poco di fieno'. Allora gli allevatori, con una faccia dispiaciuta, dissero alla mucca-capo: 'va bene, provvederemo ad ampliare le mangiatoie, e vi daremo del fieno migliore'. La mucca-capo uscì dall'ufficio degli allevatori tutta felice, e anche le altre mucche lo erano dopo aver ascoltato la bella notizia. Ci fu una grande festa tra le mucche. Gli allevatori furono di parola, le mangiatorie vennero ampliate, e venne scelto un altro tipo di fieno.
Fino a qui la storia percorre quello che di solito la gente pensa che avvenga quando un governo le concede qualcosa, e la gente fa davvero festa quando vede la mangiatoia un po' più grande e il cibo appetitoso. Ma è un'illusione. La gente non sa che quando il padrone concede qualcosa, lo fa solo perché da quella concessione trae un maggiore profitto. E infatti le mucche, mangiando di più, lavoravano con più gioia e dimenticavano lo sfruttamento. Il fieno? Oh sì, era magnifico a vedersi, d'un giallo allettante, ma era stato acquistato dagli allevatori a metà prezzo perché proveniva da coltivazioni OGM. Così gli allevatori trassero ancora più profitti, e le mucche - che ingurgitavano OGM - continuarono a rimanere chiuse in quel recinto melmoso, senza mai pensare che al di là dello Stato avrebbero trovato erba fresca in quantità, genuina, e pure la libertà.



target="_blank"
target="_blank"
target="_blank"

domenica 24 marzo 2013

Addomesticare al programma

Bisogna addomesticare i popoli per far loro accettare l'esistente e le ingiustizie del sistema, ma anche per far loro riedificare ogni volta il sistema stesso. Addomesticare è un verbo crudele, è un'azione che comporta varie fasi, e che iniziano tutte appena nasce un'individuo. Si comincia col far assorbire al nascituro il modello autoritario gerarchico della famiglia tradizionale, immediatamente si inculcano paure, ricatti, pregiudizi, sensi di colpa, quindi l'idea che un qualsiasi salvatore possa venire in soccorso a redimere le questioni o a portare 'salvazione e cambiamento'. Poi subentra la fase della scolarizzazione, dove il bambino impara ad obbedire ad altre autorità che non siano familiari, a non avere facoltà di libera scelta, a essere in competizione coi compagni, a soffocare l'autostima, a subire le decisioni altrui e a considerarle 'sacre'. Contemporaneamente l'ambiente sociale e i media insistono con una propaganda costante autoreferenziale, si impongono modelli autoritari, si nascondono molte informazioni e tutti i punti di vista contrari a ciò che viene considerato 'normale'. E' un allenamento continuo che crea l'esistente, e che viene considerato 'giusto', gli individui diventano prestissimo massa plasmabile, orientabile, al cui interno ognuno è sbirro dell'altro, e si fa a gara per diventare superiori a qualcuno utilizzando i mezzi più meschini e violenti. Non c'è libertà, non c'è individuo, non c'è solidarietà, ma solo esseri addomesticati al programma, ed è un programma deciso a monte da chi vuole che tutto ciò si perpetui. E ci riesce da secoli e secoli. 

target="_blank"
target="_blank"
target="_blank"

mercoledì 13 marzo 2013

Fabbricare sudditi

 La struttura societaria è stata progettata col fine preciso di perpetuarne il modello e tutti i meccanismi, che sono di natura militare. Poiché al modello statuale serve mantenere la contrapposizione verticale tra i pochi che comandano e i molti che obbediscono, ogni settore sociale è stato costruito in modo tale da poter essere una palestra dell'obbedienza, dove i molti imparano fin da subito ad aver timore delle autorità, ma anche a desiderarle e riverirle, poiché ai molti viene tolta anche la dignità personale e la consapevolezza di poter agire tranquillamente anche senza un ordine ricevuto dall'alto. 
Questa enorme palestra, dove gli apparati gerarchici istituzionali sono stati agganciati in maniera strutturale, produce un modello sociale autopoietico e nefasto che può essere cambiato ed eliminato soltanto se, anzitutto, i molti prendono coscienza di questo meccanismo perverso autopoietico. Questa presa di coscienza viene però impedita da numerosi fattori, anche questi abilmente progettati e integrati nella palestra del sistema, sicché gli addestrati non riescono più a vedere al di là del consueto, che viene fatto apparire loro come l'unico argomento possibile di vita individuale e sociale, seppur dolorosa. A dimostrazione di questo, tutti quelli che denunciano una disaffezione al sistema, continuano lo stesso a perpetuarlo, un po' perché la macchina è stata progettata affinché ogni suddito la alimenti-per-alimentarsi, un po' perché quest'ultimo non conosce quale altra possibilità esista.  
Ma c'è un'altra categoria di sudditi addestrati, quelli più ancorati all'imprinting ricevuto, che sono talmente depotenziati in dignità da rinnegare qualsiasi altra alternativa di organizzazione sociale loro prospettata, anche se palesemente migliore dello Stato. Anche questo 'non volerne sapere a priori' da parte dei molti fa parte del progetto pedagogico statale, e si innesta quasi automaticamente nel momento in cui il suddito-bambino, che viene addestrato al devoto rispetto verso ogni autorità, avverte come 'giuste ed esatte' soltanto le argomentazioni propagandate dai canali ufficiali, quelli del sistema, i soli pensati come davvero affidabili, anche se meravigliosamente corrotti; tutto il resto viene posto in secondo ordine, e viene considerato dall'addestrato meno degno di attenzione rispetto a ciò che il sistema divulga. E' la pedagogia della gerarchia. Roba militare. Immaginiamo allora quanto un addestrato possa -per fidelizzazione indotta all'autorità- odiare qualcosa che venga pubblicamente criminalizzata dal sistema, ad esempio un altro modo di concepire la vita dei molti, senza i pochi sfruttatori, cioè la vita di tutti in eguaglianza e anarchia.  
Un buon addestrato troverà qualsiasi scusa per difendere ciò di cui si lamenta (che conosce), e criticare ciò di cui gli hanno parlato male (che non conosce). E tra le scuse, a volte, c'è anche la presunzione di conoscenza.

target="_blank"
target="_blank"
target="_blank"

sabato 9 marzo 2013

La massa in quanto tale ha il numero, ma non la ragione

La gestione statalizzata e gerarchica delle masse è talmente paradossale che le cose generalmente considerate giuste sono in realtà profondamente ingiuste e disumane. Ci fanno trascinare in mille e mille paradossi, e più la gente tenta di porvi rimedio -attraverso la legge del sistema, perché solo quella conosce e solo a quella crede- più non si riesce a venirne fuori. Pensiamo anche al paradosso della maggioranza, che poi è sempre condizionata dai media, e che non pensa mai autonomamente proprio perché è massa. Una maggioranza non può che avere come vittima la minoranza che essa stessa crea. Nel sistema statale e competitivo non si aspetta altro di vessare le minoranze per sentirsi superiori. E le minoranze non aspettano altro di diventare maggioranza più per vendetta che per altro, vendetta davvero infantile. Allora tutti corrono verso la maggioranza, e chi si pone su quel carrozzone si bea di appartenere all'alto numero, pensando così, solo in 'virtù' di un numero, di dimostrare una propria superiorità di pensiero o di critica sociale. In realtà è esattamente tutto il contrario. Il fatto stesso di essere una maggioranza che crea una minoranza è una cosa ignobile, e pure ipocrita, visto che poi la maggioranza è anche quella che, nella retorica democratica, dice sempre di voler difendere i diritti delle minoranze. In questo senso è più coerente la dittatura palese, dove l'oppressione delle minoranze è accettata, condivisa, ostentata e premiata. La sedicente democrazia ha l'aggravante del paradosso e dell'ipocrisia. Diceva anche Faber: 'le maggioranze hanno la cattiva abitudine di guardarsi alle spalle e di contarsi, e dire: siamo 600milioni, siamo 1miliardo e 200milioni... e approfittando del fatto di essere così numerosi pensano di poter essere in grado, di avere soprattutto il diritto, di vessare, di umiliare le minoranze'. 
Se un popolo volesse davvero la propria unità, farebbe anzitutto in modo di non formare subalternità e spaccature, bandirebbe le competizioni. Ma a quel punto dovrebbe bandire anche il sistema e, prima ancora del sistema gerarchico, la cultura sistemica dominante. Roba per pochi coscienti. Roba da minoranza ribelle e fierA. 

target="_blank"
target="_blank"
target="_blank"

mercoledì 6 marzo 2013

La maggioranza sta

La gestione statalizzata e gerarchica delle masse è talmente paradossale che le cose generalmente considerate giuste sono in realtà profondamente ingiuste e disumane. Ci fanno trascinare in mille e mille paradossi, e più la gente prova a porvi rimedio -attraverso i sistemi del sistema, perché solo quelli conosce- più non si riesce a venirne fuori. Penso anche al paradosso della maggioranza, che poi è sempre condizionata dai media, non pensa mai autonomamente. Una maggioranza non può che avere come vittima la minoranza che essa stessa crea. Nel sistema statale e competitivo non si aspetta altro di vessare le minoranze per sentirsi superiori. E le minoranze non aspettano altro di diventare maggioranza più per vendetta che per altro. Allora tutti corrono verso la maggioranza, e chi si pone su quel carrozzone si bea di appartenere all'alto numero, pensando così di dimostrare una propria superiorità di pensiero o di critica sociale. In realtà è tutto il contrario. Il fatto stesso di essere una maggioranza che crea una minoranza è una cosa ignobile, e pure ipocrita, visto che poi la maggioranza è anche quella che, nella retorica democratica, dice sempre di voler difendere i diritti delle minoranze. In questo senso è più coerente la dittatura palese, dove l'oppressione delle minoranze è accettata, condivisa e anche ostentata e premiata. La sedicente democrazia ha l'aggravante del paradosso e dell'ipocrisia. Diceva anche Faber: 'le maggioranze hanno la cattiva abitudine di guardarsi alle spalle e di contarsi, e dire: siamo 600milioni, siamo 1miliardo e 200milioni... e approfittando del fatto di essere così numerosi pensano di poter essere in grado, di avere soprattutto il diritto, di vessare, di umiliare le minoranze'. 
Se un popolo volesse davvero la propria unità, farebbe anzitutto in modo di non formare subalternità e spaccature, bandirebbe le competizioni. Ma a quel punto dovrebbe bandire anche il sistema, e prima di questo la cultura sistemica dominante. Roba per pochi coscienti. Roba da minoranza ribelle e fiera.  

target="_blank"
target="_blank"
target="_blank"

mercoledì 6 febbraio 2013

Libertà misurata

Se la massa plagiata amasse davvero la libertà, capirebbe da sola che questa parola, 'libertà', è massimamente inconciliabile con un sistema gestionario gerarchico in cui la massa viene tenuta al guinzaglio e in cui crede, non perché ne abbia analizzato i meccanismi perversi (non ne avrebbe neppure la possibilità, giacché il sistema non divulga gli strumenti per farlo, o li denigra), ma per cieca abitudine e ignoranza. La paura della libertà -come direbbe Fromm- deriva però dalla non conoscenza della stessa. Da troppo tempo il popolo vive in cattività (si noti il senso della parola 'cattività') e ormai si è affezionato sia alla gabbia, sia al bastone che lo percuote; il continuo lamento del popolo è diventato prassi, conditio sine qua non, ingranaggio del meccanismo, un modo per giustificare la venuta e l'adorazione di un altro padrone. E in questa gabbia fatta di coercizioni e di paure infuse scientificamente, la massa ondeggia nel suo ruolo di schiavo consumatore, e l'unica libertà che riesce a concepire è quella relativa alla misura del suo guinzaglio, più o meno lungo, a seconda della volontà del padrone di turno che, a sua volta, allunga o accorcia il guinzaglio in base ai desiderata del sistema-stato. E dire che fuori la gabbia c'è il tutto, la libertà, compreso il senso della vita e il ritrovamento della dignità in una dimensione alfine umana.

target="_blank"
target="_blank"
target="_blank"

mercoledì 12 dicembre 2012

Strategia della tensione: chi, come e perché

La strategia della tensione è uno dei tanti strumenti che possiede lo Stato per rafforzarsi nelle sue prerogative oppressive, mentre al contempo fa credere all'opinione pubblica di starsi indebolendo a causa di 'elementi terroristici' e destabilizzanti per il Paese. Ogni atto terroristico ha matrice statale e fascista, ma ogni operazione mediatica è volta a far intendere all'opinione pubblica che il terrorismo sia opera di gruppi estranei allo Stato, nemici dello Stato. Sicché le vere questioni politiche, i veri problemi del popolo, vengono dimenticati e letteralmente sostituiti con un diffuso sentimento di paura collettiva e dal bisogno conseguente e costruito di 'ordine pubblico'. Un bisogno creato artificialmente in cui la massa acritica si tuffa ignara e ingenua.
Per saperne di più (e molto meglio) potete CLICCARE QUI, dove potete leggere anche esempi concreti di strategia della tensione, il loro perché, i loro modi di attuazione, e chi sono gli attori occulti e le vittime. Il testo è intimamente legato ai fatti di Piazza Fontana, ed è tratto da QUESTO DOSSIER.
Pino vive!

target="_blank"
target="_blank"
target="_blank"

venerdì 21 settembre 2012

Stato larvale

Essere sfruttati e controllati, numerati, vessati, essere derubati della ricchezza prodotta dal lavoro, pagare i padroni dello Stato anche per i tuoi diritti naturali e fondamentali, vederli ingrassare con i tuoi soldi, vederli sfilare in tv come angioletti nel presepe, essere una pezza per i piedi finché ti regge l'età e la mammella alla quale suggono i vampiri che tu eleggi (che forse è meno schifoso farsi derubare da un non eletto). Licenziano, tagliano, discriminano, ordiscono guerre, paure, complotti, crimini, hanno mille astuzie per farti servo, lo fanno in nome della loro legge. Paga il pizzo, è quello di Stato, è roba legale. Ti muovi alienato in uno spazio angusto che ormai chiami libertà per disperazione o per cecità. E' giusto, dici, ma sempre ti lamenti. Essere obbligato a diventare una rotella del sistema, sennò non ti fanno vivere, ma che vita è? E che fai allora? E' giusto così, dici, è la legge, è la consegna, è l'ordine, sei stato abituato a lodare le autorità. Sei pronto alla morte, stringiti a coorte. Soluzioni? Sì, soluzioni, ma ti hanno pure detto che quelle soluzioni è meglio evitarle, che sono cattive. Vuoi mica dubitare delle parole dette dai padroni della tua vita! Infatti ci credi. Soffri, ti lamenti, ti disperi, muori di sistema, ma è giusto, dici, lamentandoti. 

target="_blank"
target="_blank"
target="_blank"

.

Post in evidenza

Società gilaniche: le floride comunità senza Stato. L'anarchia durata migliaia di anni

Attenzione! Questo post, da diversi anni, viene distorto nel suo vero senso, strumentalizzato e interpretato in modo opportunista da parte ...

I nostri 10 articoli più letti