lunedì 13 dicembre 2010

Vivere in una società anarchica, un esempio concreto

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ome già sapete, o come avete potuto facilmente intuire, tra gli obiettivi di questo blog c'è anche quello di far conoscere l'anarchia nella sua vera essenza, nel suo reale significato. Certamente non tutti i post sono di marca anarchica in senso stretto, questo articolo, invece, vuol far comprendere con un esempio concreto in che modo può compiersi l'anarchia, come si manifesta in una società e quali sono i suoi risultati (nel caso specifico illustrato).
Ad onor del vero, dobbiamo pur dire che molte delle nostre azioni o dei nostri pensieri sono di natura anarchica, ma non ce ne accorgiamo semplicemente perché non sappiamo cosa sia davvero l'anarchia. Ci sono stati casi, anche in Italia, in cui tutto lo spirito dell'ideale anarchico è emerso con la sua forza a sostegno benefico di tutta la collettività. Ed è proprio di un caso italiano che vogliamo parlarvi.
Breve e necessaria introduzione è ricordare che anarchia vuol dire letteralmente 'senza governo', ma gli anarchici non hanno mai inteso questa 'assenza di governo' come caos tout-court (l'associazione anarchia=caos, semmai, è frutto di una vile semplificazione da parte della propaganda diffamatoria di Stato), vedremo bene, invece, cosa sia un 'non governo'. Inoltre, va detto, l'anarchia è sostanzialmente amore per l'umanità, è collaborazione, autogestione, fratellanza. Vedremo anche questo, praticamente, senza 'se' e senza 'ma'.
Il più delle volte, l'interlocutore ignorante (che ignora), cade nella questione relativa al possibile problema sociale da affrontare attraverso l'anarchia (anziché attraverso il governo statale), sostenendo che questa non possa garantire un'organizzazione tale da risolvere quel dato problema. Errore. Anarchia è super-organizzazione (quindi ha anche delle regole, contrariamente a quel che erroneamente si crede, e non potrebbe essere altrimenti).
Facciamo finta di vivere in una città libera, anarchica, egualitaria, solidale. Purtroppo, dopo un triste giorno di pioggia ininterrotta, il grande fiume che attraversa la città rompe gli argini e invade tutto, ogni cosa al di sotto dei 5 metri viene sommersa, negozi, abitazioni, musei, fabbriche, opere d'arte, giardini... tutto distrutto, almeno un metro di fango si spalma sopra ogni cosa e porta -questo sì- caos e distruzione, anche la morte. Cosa fa una comunità anarchica di fronte a questo grande disastro? Delega alla Protezione Civile? No di certo, anche perché una Protezione Civile, nella forma orrenda in cui la conosciamo, non può esistere in quella città. Una comunità anarchica non delega il potere, fa da sola, si sbraccia e lavora per il bene collettivo, senza chiedere nulla, spontaneamente. Non dimentichiamo che a risolvere i problemi del mondo non è dio, ma sempre e solo gli uomini e le donne (la Protezione Civile, il governo, lo Stato, non sono divinità). Ecco che i cittadini, a poco a poco, trovano da soli la soluzione migliore per autorganizzarsi, ora in questo quartiere ora in quell'altro, creano catene di solidarietà concreta, offrono ospitalità e cibo, si autodispongono per togliere macerie e fango, pazientemente, ma con costanza e abnegazione, prendono ad una ad una le opere d'arte e le puliscono, così pure i libri antichi, ogni cosa. Pian piano tutto ritorna come prima e senza che nessuno abbia ordinato a quei cittadini 'vai là e aiuta' oppure 'non ti muovere da lì', ecc. anche perché, generalmente, i cittadini sanno benissimo da soli cosa sia giusto fare o cosa non lo sia, e tra i cittadini ci sono esperti in vari settori, che sanno distinguere e suggerire soluzioni, senza bisogno di dittatori.
Ebbene, tutto questo è successo il 4 novembre 1966 a Firenze, dopo l'alluvione disastrosa. Migliaia di giovani, spontaneamente e senza alcuna direttiva imposta dall'alto, si sono autogestiti e hanno salvato persone, opere d'arte, libri antichi, hanno offerto aiuto a tutti, predisposto gli animi alla collaborazione, infuso speranza e forza. Vennero chiamati 'gli angeli del fango', venivano anche dal resto del mondo (da non sottovalutare l'aspetto cosmopolita dell'anarchismo), non erano schiavi, nè padroni di nessuno. Firenze era rimasta viva anche durante quei lunghi giorni, i cittadini si sentivano sempre vicini alla loro città, forse ancora più di prima.
Quello fu un esempio concreto di comunità anarchica autogestita. Ce ne sono tanti di questi esempi, guarda caso soprattutto dove c'è una tragedia, ma ancora oggi i media di regime ben si guardano dall'associare a questi straordinari esempi di solidarietà la parola greca 'senza governo'.
Ora pensate a L'Aquila e al suo terribile terremoto gestito dal governo. La tv non ha neppure dedicato una virgola alla presenza solidale degli anarchici (tra gli altri, è ovvio) che pure c'erano e hanno dato una mano, purtroppo nei limiti imposti dalla Protezione Civile di Bertolaso. Noi crediamo che se L'Aquila fosse stata una comunità anarchica, libera dai vincoli di Stato e di governo, a quest'ora i cittadini avrebbero risolto gran parte dei loro problemi e avrebbero, con l'aiuto anche nostro (di tutti), già ricostruito le loro case e forse anche il centro storico. Anche per questo motivo i governi e gli Stati sono da noi considerati (e lo sono) prigioni da abolire.
Ci sono delle foto con didascalie in questo breve filmato. Buona visione.



Società anarchiche, evolute, pacifiche, solidali, senza governi, nell'età pre-statale (censurate dai libri ufficiali) CLICCA QUI

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9 commenti:

Unknown ha detto...

Le linee ideologiche e sociali dell'anarchia io le ho sempre condivise ma... poi mi fermo a riflettere di fronte ad un interrogativo vecchio come il cucco: come la mettiamo di fronte alla conflittualità innata nel genere umano, cosa di cui non sempre se ne può fare a meno, e, ritengo, propro per questa sua indole, anche dentro una società dichiaratamente anarchica?
Ciao!

coscienza critica ha detto...

River, ti avevo risposto in un vecchio post. Ci riprovo ricopiando quella risposta.
Il tuo interrogativo è concretissimo e sono contento di poterti rispondere. Le 'contraddizioni ideologiche' di cui tu parli (e fai bene a non specificarle) nascono sempre da disaccordi. Ma l'anarchia è accordo tra uomini, ricerca di accordi. La questione è stata affrontata, anche in termini pratici, e Malatesta ha dato risposte anche a questo dubbio legittimo. La risposta è relativamente semplice. Se l'ambiente culturale anarchico pone come obiettivo il benessere di tutti, ogni individuo si accorgerà che stare in disaccordo nuoce anche a se stesso, oltre che agli altri. Malatesta affronta la questione e fa notare (come anche Bakunin) che la libertà di uno è anche la libertà di tutti. In un ambiente anarchico non ci può essere posto al dissidio ideologico (questo è stato dimostrato anche storicamente, in alcune ricerche archeologiche di cui parlerò qui, sto studiando...) perché tutti sono tesi naturalmente ad appianare i contrasti che ne deriverebbero e chi opera per disfare ne rimarrebbe ferito in prima persona. E' una questione di sistema culturale. Allora, in un contesto anarchico, le contraddizioni non sarebbero più ideologiche, semmai sono di ordine pratico, ragionando sul 'come si fa' e risolvendo il problema utilizzando il metodo della sintesi (laddove ci fosse bisogno di decisioni). Nella situazione attuale, dove la nostra cultura è incrostata di gerarchia (non si riesce a concepire qualcosa di diverso dallo Stato), è ovvio porre il tuo interrogativo, ma non possiamo mischiare la cultura gerarchica con quella libertaria.
Nell'esempio concreto della Colonia Cecilia, in Brasile, la comunità anarchica ebbe dei dissidii con quei contadini brasiliani che si aggiunsero al nuceo originario (formato da soli anarchici italiani). Due mondi opposti si sono scontrati proprio sull'ideologia: i brasiliani, in sostanza, non sapendosi staccare dalla cultura gerarchico-statale, non riuscivano a capire per quale motivo tutti i membri della Colonia dovessero essere considerati uguali (essi si pensavano inferiori, miseri contadini, e tali volevano essere), quindi avrebbero desiderato persino essere pagati meno degli altri, volevano riconoscere un capo (Giovanni Rossi), erano abituati così. Dopo due anni, la Colonia si sciolse per questi motivi. Morale, prima è necessario insegnare l'anarchismo, far capire che la libertà di ognuno è davvero la libertà di tutti (e viceversa), creare le condizioni culturali e far crescere individui in questa cultura, solo dopo si possono apprezzare i frutti concreti di una società non più basata sulla sopraffazione e la violenza.
In ogni caso, caro River, perché soffermarci sui 'se' e sui 'ma'? Facciamo, è molto meglio. E l'anarchia potrà anche avere difetti, ma certamente mai come quello del dominio dell'Uomo sull'Uomo. Già solo questo mi pare lodevole e degno di essere scambiato con l'ordinamento attuale. Il resto vien da sè.
Ciao

Ilenia Gennari ha detto...

Non avevo mai visto l'anarchia da questo punto di vista e mi accorgo che praticamente il mio ideale di società è sempre stata quella anarchica, dove sono le persone che ci vivono, a gestire e mandare avanti un paese.
Ma con la mentalità che la gente ha, questa è utopia. Bisogna educare la gente a questo pensiero, crescere le nuove generazioni con questi ideali. È questo, l'unico modo per affermare concretamente una mentalità di questa portata. Facile, inzuccare la mentalità dell'ozio e del divertimento, perché è attività che costa la meno fatica possibile.
Ma quando bisogna insegnare ad aiutare il prossimo e a fare del nostro meglio nella vita, è lì che risiede il difficile.
Perché una persona povera di spirito non accetterà mai di trasformare la sua facile vita di nullafacenza in qualcosa di "faticoso" come l'impegno sociale.

coscienza critica ha detto...

Shishitsu Nari, viviamo in una società zeppa di pregiudizi circa l'anarchia. E' vero che ci sono gruppi violenti sedicenti anarchici, ma gli anarchici seri hanno sempre preso le distanze da questi gruppi. Poi bisogna intendersi sul significato di 'violenza'. noi crediamo che il vero violento sia lo Stato, semmai noi ci difendiamo. Inoltre, la propaganda diffamatoria nei nostri confronti, agevola il lavoro dello Stato oppressore. Se il cittadino è povero di spirito, come tu dici, è perché è sempre stato abituato a credere che qualcun altro debba agire per lui, per risolvergli i problemi. Allora i cittadini vengono tranquillizzati e imbalsamati con le idiozie della tv. Se alzi la testa, guai a te ;-)

coscienza critica ha detto...

...e a proposito dell'utopia, anche questa è una bagianata (visto a Firenze? E non hai visto Barcellona nel 1936, tutta autogestita dagli anarchici, e che autogestione!). Semmai, è utopia credere che qualcuno delegato da te -con il voto- possa fare i tuoi interessi. La Storia insegna.

Ilenia Gennari ha detto...

Io credo che l'utopia sia aspettarsi che si diventi tutti anarchici da un giorno con l'altro. Non credo all'utopia nel vero senso della parola, ma più all'utopia in questo momento.

Come ho detto, la gente non cambierà mai da un giorno con l'altro. Anche se si fanno manovrare dagli altri, queste persone credono, perché cresciute in questa mentalità, che la soluzione migliore sia quella che adottano già, ovvero: "Fatti i cazzi tuoi, fai il meno possibile, vivi alla giornata, lascia pensare gli altri per te e vivrai felice".
Purtroppo mi rendo conto di questo, perché le discussioni con questa gente non finiscono mai. Non le schiodi da quell'idea che hanno in testa, troppo sconveniente cominciare a pensare, troppo faticoso.
La gente non li vede subito, i vantaggi. O meglio, non li comprende.

Per questo dico che la gente deve maturare questa mentalità, non deve sentirsela imporre.
E per questo, a mio parere, servirà tempo.
Chi già la pensa così, cominci pure a vivere in questo modo. Io già vivo in questa maniera, i miei genitori mi hanno cresciuta con questi ideali ed io so che fare un poco di sforzo in più, non accontentarmi mai del minimo e aiutare chi lo chiede (nei miei limiti, ovviamente) presto o tardi mi ripagherà.
O forse non del tutto.
Ma fa niente, so che vivere così e aspettare che gli altri facciano lo stesso è ciò che contribuisce all'espandersi di questo modo di vivere e mi va bene così.
Magari una persona mi vede agire in questo modo e si fa un esame di coscienza, e chi lo dice che magari cambia pure lui.(come per fortuna è già successo)

Ma anche questa è una cosa che richiede tempo.

coscienza critica ha detto...

Sì, la gente deve maturare, ma se la propaganda diffamatoria continua, la gente non cambierà mai. Tra Ottocento e Novecento erano quasi tutti anarchici, poi è arrivata la campagna denigratoria che continua ancora oggi. Bisogna far conoscere la vera anarchia, anche con il tuo metodo, il fare. A questo proposito, annuncio che nel numero di febbraio di 'A-rivista anarchica', ci sarà un mio articolo su questo argomento.

Jinocchio ha detto...

Io non credo a questa storia della conflittualità umana, dell'egoismo dell'uomo, e di tutti i vizi che si accompagnano a ciò.
Innanzi tutto non viviamo in stato di natura da prima che ne abbiamo memoria, e quando abbiamo trovato altri popoli che ancora erano c.d. primitivi, li abbiamo spazzati via o modificati, prima ancora di poterli capire.

Quando l'uomo è apparso sulla faccia della terra non gli avresti dato mezzo scudo di fiducia che sarebbe diventata la specie dominante: se fosse stato così egoista, così conflittuale, unitamente a tutte le debolezze che caratterizzano la specie, si sarebbe estinto tra Natale e Santo Stefano.
Probabilmente questa storia della mala natura umana è frutto di altrettanta propaganda da parte del potere: una specie così malvagia non solo merita la gerarchia, ma deve pure ringraziare. Sono le stesse leve del cristianesimo del resto: siamo cattivissimi, però con dio possiamo essere buoni.
E i fatti hanno dimostrato che bontà è venuta fuori con dio.

Io suggerisco un modo diverso di esportare l'anarchia, che prende vie traverse e aggira la cortina di stato: l'esercizio della sopraffazione sulle altre specie, è propedeutica alla sopraffazione dei propri simili; la tortura delle altre specie è scuola di tortura per la propria.
Il vegetarianesimo non è avverso (o lo è moderatamente) dal potere, ed è un fertilissimo terreno preparatorio all'anarchia, in quando stimola la sensibilità, il rispetto della vita, e depotenzia l'aggressività. Inoltre accresce la salute: una persona malata è spaventata e dipendente dal potere che elargisce scaglie di salute.


si dice che la gente oggi non è in grado di fare rivoluzioni: quanta carne si mangiava a barcellona nel 1936? e a firenze nel 1966?
e se oggi fossimo delle pippe inebetite non solo per la propaganda (che ha sempre accompagnato il potere) ma anche perché siamo intossicati da ogni veleno? le scie chimiche, se vere, sono la dimostrazione che un popolo intossicato è un popolo migliore (per chi governa).

Per la rivoluzione anarchica, e per il dopo rivoluzione, abbiamo bisogno di gente sana, forte e sensibile.
Del resto, con uno che non è capace di rinunciare alla cotoletta in cambio del bene dell'umanità non ci vado a fare la rivoluzione.

Oltre la Coltre ha detto...

Condivido pienamente. Ottimo pezzo.
Italo Romano

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