giovedì 28 luglio 2011

L'essere umano e la morale anarchica

L'anarchia, gli anarchici, i principi libertari ed egualitari, non potrebbero esistere se non in ragione di una morale suprema che li governa e che li pone in relazione armoniosa con la Natura e con tutto ciò che in essa vive. La morale anarchica non è un elenco di azioni vergate da chissà quale dio, divulgate da chissà quale Mosé, vendute al popolo da chissà quale pontefice. La morale anarchica è l'essenza stessa dell'individuo (e come tale orientato dalla Natura nella ricerca del vitale) che non ha alcun bisogno di decaloghi imposti per sapere che il motivo della propria esistenza è la vita stessa. Se lo scopo è dunque vivere (anarchia è cultura della vita contro quella della morte), va da sé che ogni anarchico, ogni libertario, ogni individuo dotato di buon senso, sa bene che la qualità della vita si misura dal grado di cooperazione sociale che porta inevitabilmente al vero progresso, quello umano, con tutte le implicazione che il termine 'umano' porta con sé. E ne vedremo alcune.
Gli intellettuali al tempo della Seconda Rivoluzione Industriale sapevano che il positivismo, l'industria capitalista, l'economia dei potenti, la finanza delle banche, ecc. non rappresentavano il vero progresso, poiché i fantasmi dell'alienazione e dell'autoritarismo legalizzato dovuti proprio a questo falso mito di progresso si erano già da tempo materializzati e avevano prodotto i loro danni: popolo sempre più diviso, alienato e imbonito, tenuto in 'Stato' di sudditanza, sempre più controllato e offeso col pretesto di un illusorio 'ordine sociale'. Ma se la menzogna di Stato fondata esclusivamente sul progresso tecnico-economico continua a dare risultati nefasti e sperequativi, qual è, di contro, quel progresso umano veicolato dalla morale anarchica?
Per rispondere a questa domanda è indispensabile definire anzitutto l'essere umano, in quanto unità vivente, irripetibile e libera. Ardua impresa, certo, e non siamo qui a scrivere trattati. Diciamo però che alcuni punti-chiave possono essere evidenziati, ad esempio il fatto che l'essere umano, per essere tale, deve avere la possibilità di meditare serenamente su se stesso ogni volta che lo ritiene opportuno; deve sempre avere la possibilità di rapportarsi con qualsiasi elemento del contesto, senza coercizioni dall'una e dall'altra parte; deve poter utilizzare la fantasia per creare in libertà ogni volta che ne avverte la necessità; deve poter alimentare e accrescere la propria dignità; deve avere la possibilità di vivere con la Natura; deve potersi esprimere nelle forme che ritiene utili a se stesso e agli altri, ecc.
Va da sé che questi concetti, che sono esigenze naturali e vitali, portano l'individuo a sganciarsi autonomamente e naturalmente dai meccanismi perversi e artificiali del rigido sistema attuale, per indirizzarlo verso un rapporto più solidale e cooperativo con gli altri individui. Questo nuovo essere umano si renderà conto in maniera naturale che la propria autonomia, la propria esistenza indirizzata al bello e alla vita, non potrà mai essere costretta in quell'organismo artificiale chiamato Stato, inventato per soggiogare i popoli e tenerli in quel costante e terribile inganno che ogni tiranno chiama impropriamente 'ordine'. Non c'è che un solo ordine al quale tutti siamo chiamati con gioia ad obbedire, quello naturale, quello della vita, quello della libertà.

PS. Per la complessità dell'argomento, questo articolo non può essere esaustivo, ma è proposto come spunto di riflessione. La trattazione qui riportata è il frutto dell'elaborazione di vari testi. Si raccomanda, a tal proposito, anche la lettura di Henry David Thoreau ('Walden, ovvero la vita nei boschi'), di Pëtr Alekseevič Kropotkin ('La morale anarchica') e di Erich Fromm ('L'amore per la vita').

Immagine: Gustave Courbet, 'Gli amanti in campagna'.

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