mercoledì 30 marzo 2011

Quegli applausi a Lampedusa

I lampedusani non hanno applaudito alle parole, ma alla bocca dalla quale sono uscite. Quando un'autorità viene riconosciuta tale per effetto della propaganda mediatica o per colpa di un segno sulla scheda elettorale, il popolo-suddito applaude sempre e crede anche alle sue menzogne. Da che esiste lo Stato, è sempre Stato così. Nonostante questo, il popolo non vuole cambiare direzione, perché non è cosciente della propria sudditanza o perché manca di fiducia in se stesso o per ignoranza.
I lampedusani non hanno certo bisogno di casinò e di miraggi, non è un casinò che risolverà i loro problemi di sempre, le amene assurdità proferite da Berlusconi sono servite da paillettes e da 'plume au cul', ma i lampedusani che hanno applaudito rappresentano quel modello di popolo servile a cui non interessa veramente la soluzione del problema, quanto piuttosto una figura di riferimento, un capo, un padrone che lo illuda e lo imbonisca. I migranti potranno anche essere portati altrove (dove?), ma non è questo il punto. Il vero messaggio portato da Berlusconi ai lampedusani è stato l'allestimento scenico verbale, lo spettacolo, il teatro in piazza. 'Il medium è il messaggio', diceva McLuhan.
Al mulo non importa sapere dove conduce la strada, al mulo addestrato interessa solo un bastone che lo guidi. Nella fattispecie, possiamo dire che quel popolo è assolutamente predisposto alla dittatura. Rimane da chiedersi: quanti di quei sudditi ci sono nel resto d'Italia?

PS. Invece il nostro applauso va ai lampedusani che si sono distinti nell'accoglienza, nonostante le difficoltà, offrendo aiuto concreto ai migranti.




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Prossimamente a Forum

Un lampedusano racconta che sull'isola c'è lavoro per tutti, l'ospedale è efficiente e i collegamenti con la Sicilia sono raddoppiati grazie ad aliscafi superconfort. Tutto merito di Berlusconi.

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Lettera aperta al potere giudiziario

Ci rivolgiamo a coloro che nelle Corti di giustizia, nei tribunali, operano nell'esercizio della valutazione degli atti umani, assolvendo o condannando in nome di tutto un popolo e per conto di una legge che dovrebbe essere uguale per tutti.
Noi qui potremmo anche evidenziare i numerosi aspetti contraddittori che connotano il vostro operato, a partire dal fatto che la vostra legge non è mai stata uguale per tutti, che i vari distinguo esistono ed esisteranno fintanto che il popolo sarà tormentato da sperequazioni sociali ed economiche, che sull'interpretazione della legge avete piantato l'albero della discordia umana e dell'ingiustizia, ecc. Ma in questo caso noi vogliamo essere più specifici, toccando la corda dell'etica di cui voi, signori giudici, dite di vantare primati e persino di esserne servitori, in virtù di codici di antico Diritto. E anche sulla parola 'Diritto' ci sarebbe da puntualizzare, e molto, se non altro perché chi è costretto ad abbandonarsi nelle mani di un uomo che lo giudica, sente tutto il peso di una Storia di uomini fallaci gravare sulla propria esistenza: non c'è nessun supremo Diritto nell'errore e nel relativo, a meno che voi non torniate a spacciare la vostra legge come parola ispirata e dettata da un dio.
Ma se la legge vive ormai dentro una sua dimensione laica, essendo essa passata anche attraverso il filtro illuminista del 'dovere civile', allora ci preme darvi un avviso. Da molti anni la società è sferzata da derive anti etiche che nulla hanno a che fare con le vere esigenze umane che -anzi- soffocano quelle necessità che sono proprie di un'esistenza dignitosa. Stiamo scivolando nei vari baratri dell'autodistruzione della coscienza: l'istruzione pubblica viene gestita e normata sulla base di un orribile disegno che la vuole sterile, svilita, annientata della capacità di offrire alle nuove generazioni gli strumenti per l'autodifesa intellettuale; le personalità degli individui sono intrappolate negli squallidi modelli mediatici contemporanei che dispensano messaggi poco edificanti per lo sviluppo di un individuo nella sua interezza. Vogliamo rimanere solo su questi due esempi, l'istruzione pubblica e i mass-media, non procediamo nell'analisi di altri àmbiti (relazioni sociali, ecologia, servizi, mercato e finanza, relazioni politiche internazionali...). In sostanza, la nostra società è palesemente indirizzata verso un impoverimento culturale, anche culturale, che si accompagna a una carenza di etica intesa come responsabilità comune per il progresso degli uomini e delle donne. Per progresso vogliamo intendere l'affermazione continua della persona in quanto essere vivente con tutte le sue esigenze di vita -non di sopravvivenza- e le sue peculiarità di autonomia e di 'pondus' che servono a costruire contesti umani non alienati e alienanti.
Voi avete una gravosa responsabilità che noi non vi invidiamo, quella di decidere e di interpretare i vostri codici. E a questa vostra facoltà siete tenuti a far ricorso nelle vostre sentenze. In questi ultimi anni siete stati chiamati a giudicare parte del potere legislativo dello Stato e ancora oggi alla vostra sbarra sfilano coloro che scrivono e scriveranno il destino della società. Quale indirizzo dare alla società futura, quale connotazione culturale, dipende adesso anche da voi. E domandiamo: di fronte agli imputati eccellenti, farete ricorso al vostro vanto relativo ad un'etica legislativa? Oppure, come già avvenuto, abiurerete alla deontologia lasciando che gli imputati tornino a distruggere quel che rimane di un contesto già troppo imbarbarito? Abbiate l'accortezza di porvi la questione eminentemente etica sul 'dove vogliamo andare', avendo sempre di fronte l'immagine di questa società disfatta e corrotta non certo per causa dei cittadini che le leggi, semmai, le subiscono fin dai tempi di Hammurabi.
In coerenza con il nostro ideale, non auguriamo una pena detentiva per nessuno, quella pena che annienta vieppiù la libertà e che abbrutisce, ma per coloro che legiferano nei governi, per coloro che palesemente costringono interi popoli nella prigione di uno squallore sociale per un altrettanto squallido tornaconto personale, ci permettiamo di suggerire una sentenza in grado di allontanarli definitivamente dall'esercizio delle loro funzioni istituzionali e decisionali. L'etica obbliga a scelte coraggiose e coerenti ai bisogni della società. Domandatevi ancora di cosa abbia bisogno questa società e ogni suo individuo, e su questo bisogno abbiate il coraggio di decidere, quindi di recidere la mala radice. Non si scambino queste parole per un appello o per una preghiera, esse rappresentano un suggerimento sul significato etico che voi stessi avete dato al vostro ruolo. Noi siamo consapevoli che la rivoluzione popolare non passa mai attraverso i tribunali e che in Italia la rivoluzione per un'autogestione del potere da parte del popolo è ben lungi dal potersi verificare.

Immagine: particolare de 'La morte di Marat' di J. L. David

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martedì 29 marzo 2011

Il popolo e il suo massimo grado di sudditanza

Il virgolettato di cui sopra, che appartiene a J. J. Rousseau, si sposa con l'affermazione di Rudolf Rocker: 'E' lo Stato che crea una Nazione, e non la Nazione che crea lo Stato'. Si vuole esprimere il concetto secondo cui l'impianto gerarchico-statale al quale l'umanità è stata sottoposta non appartiene alla volontà naturale ed egualitaria di organizzazione sociale, dove gli individui sono ritenuti con pari dignità e diritti, bensì a un'intenzione di dominio da parte di una certa élite (casta) che, con l'inganno e l'uso della forza, ha fatto credere agli altri uomini che esistono individui superiori, quindi meritevoli di comando su tutti gli altri, questi ultimi meritevoli di essere comandati. E' evidente che questa impostazione gerarchica della società abbia generato l'esercizio perpetuo dell'autorità, quindi una serie infinita di oppressioni e di atrocità ai danni del popolo.
La storia di questa 'presa del potere' da parte di una certa élite configura l'esistenza di una società precedentemente libera, senza governo, anarchica, egualitaria e cooperativa, quindi pacifica. Ne avevamo parlato in un post che continua ad essere molto letto e questo ci fa piacere. Ma la stessa 'presa del potere', lo stesso ordinamento gerarchico, la stessa autorità, se inizialmente poteva essere percepita come un evidente torto e un detestabile oltraggio alla persona, oggi quei modelli sono ritenuti normali. Il passaggio da una forma di dolore ad una di 'normalità stabilita' ha avuto bisogno di due elementi: poco tempo e molta propaganda. Riguardo al tempo, consideriamo quello necessario affinché una generazione (di una data comunità) nasca già dentro il modello autoritario. Gli individui che per la prima volta sono stati costretti a sopportare (e a supportare) l'autorità dello Stato, hanno forse avuto il tempo e il modo di reagire, ma le generazioni novizie hanno dovuto fare i conti con un nuovo imprinting. E' facile immaginare persino il contrasto generazionale tra padri e figli, dove i primi hanno visto i secondi soccombere facilmente all'autorità, accettare di buon grado il peso della piramide dello Stato, considerare normale e giusto l'ordine superiore.
Oggi, dopo 3000 anni di egemonia statale, siamo giunti alla fase della difesa cieca dello Stato da parte del popolo, il quale, a torto, considera lo Stato come l'unica opzione possibile di organizzazione sociale. Alla difesa dello Stato si aggiunge l'azione accusatoria nei confronti di qualsiasi altra proposta organizzativa della società che non comprenda un modello gerarchico. Questo anche per colpa di una continua propaganda da parte dello Stato, il quale detiene il controllo di ogni settore della società e degli istituti di istruzione. La propaganda statale è naturalmente autoreferenziale e sarebbe un'operazione troppo lunga quella di elencare qui, in un blog, la lista delle operazioni strategico-comunicative messe in atto dallo Stato, ottimizzate nel corso di questi 3000 anni. Una di queste strategie di propaganda autoreferenziale è ovviamente la diceria secondo cui lo Stato dovremmo essere noi. Alcuni ci credono davvero. Altre menzogne propagandistiche sono legate ad esempio alle parole e al loro uso (vedi).
Oggi il popolo è arrivato al suo massimo grado di sudditanza, perché se è vero che un suddito medievale era consapevole di esserlo e sapeva anche che non avrebbe mai potuto aspirare al potere, oggi gli individui non soltanto non sanno di essere sudditi (semmai lo intuiscono), ma sono alla continua ricerca (inconscia) di una posizione di dominio, che la propaganda di Stato, astutamente, fa loro percepire come possibile. Se dovessimo usare all'uopo un'altra citazione, dovremmo far ricorso alla seguente: 'date a un individuo un berretto con due galloni cuciti e quello si pavoneggerà come un capo'. Ci viene in mente il film 'Il vigile' con Alberto Sordi.
Il modello statale, autoritario, gerarchico, originariamente imposto con la forza sui popoli liberi, è diventato modello da difendere e da imitare. Ci sembra superfluo, a questo punto, dire che i programmi politici dei partiti (tutti) non sono altro che superflui accessori, venduti e spacciati come indispensabili piattaforme politiche. Sarebbe quantomeno umano cominciare a costruire un personale strumento di difesa culturale contro ogni elemento proposto dal sistema-Stato, parliamo di esercizio basato sulla critica. Spesso le cose che si dànno per scontate nascondono il tranello. Le capacità di analisi e di critica stanno per essere completamente distrutte dalle varie 'riforme' della scuola pubblica, non è certo un caso. Ma può un suddito con ambizioni di dominio voler mettere in discussione o distruggere quello stesso posto a cui ambisce? Non è forse questo 'non volere' uno degli ostacoli maggiori che impedisce le rivoluzioni nel mondo occidentalizzato?

Per quelli consapevoli che quel posto non lo avranno mai, suggeriamo la lettura de 'Il programma anarchico' di Errico Malatesta (1919).

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lunedì 28 marzo 2011

In democrazia la maggioranza vince, ma non per questo ha ragione

Avevamo già scritto un articolo sul significato distorto di democrazia nei regimi ove esiste un governo. Torniamo sull'argomento e lo facciamo attraverso le parole di Errico Malatesta pubblicate su 'Umanità Nova' l'11 agosto 1927, in pieno regime fascista. Sulla questione maggioranza e minoranza (base ed espressione della democrazia), gli anarchici hanno da sempre individuato tutte le contraddizioni, i punti deboli, le assurdità, i pericoli. Le persone che non si avvedono di tali contraddizioni e inneggiano con orgoglio alla democrazia, cioè alla contrapposizione maggioranza-minoranza, non sanno (o fanno finta di non sapere) che anelano ad una condizione di forte ingiustizia sociale, paragonabile alla dittatura. D'altra parte, come si spiega il fatto che qualsiasi partito, sia esso di destra, di centro o di sinistra, dichiari sempre di operare in nome della democrazia? Ecco cosa dice Malatesta:

Maggioranze e minoranze
Noi non riconosciamo il diritto della maggioranza di far la legge alla minoranza, anche se la volontà della maggioranza fosse, in questioni un po' complesse, realmente accertabile. Il fatto di avere la maggioranza non dimostra niente affatto che uno ha ragione, che anzi l'Umanità è stata sempre sospinta in avanti dall'iniziativa e dall'opera di individui e di minoranze, mentre la maggioranza è di sua natura lenta, conservatrice, ubbidiente a chi è più forte, a chi si trova in posizioni vantaggiose precedentemente acquisite.
Ma se non ammettiamo affatto il diritto delle maggioranze a dominare le minoranze, respingiamo anche più il diritto delle minoranze a dominare le maggioranze. Sarebbe assurdo il sostenere che si ha ragione perché si è in minoranza. Se vi è in tutte le epoche delle minoranze avanzate e progressiste v'è anche delle minoranze arretrate e reazionarie; se vi sono degli uomini geniali che precedono i tempi, vi sono anche dei pazzi, degl'imbecilli e specialmente degl'inerti che si lasciano trascinare inconsciamente dalla corrente in cui si trovano. Del resto non è questione di aver ragione o torto: è questione di libertà, libertà per tutti, libertà per ciascuno purché non violi l'eguale libertà degli altri. Nessuno può giudicare in modo sicuro chi ha ragione o torto, chi è più vicino alla verità e quale via conduce meglio al maggior bene per ciascuno e per tutti. La libertà è il solo mezzo per arrivare, mediante l'esperienza, al vero ed al meglio; e non vi è libertà se non vi è libertà dell'errore.
Per noi dunque bisogna arrivare alla pacifica e proficua convivenza tra maggioranza e minoranza mediante il libero accordo, la mutua condiscendenza, il riconoscimento intelligente delle necessità pratiche della vita collettiva e delle utilità delle transizioni che le circostanze rendono necessarie.

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domenica 27 marzo 2011

Il bimbo Yeabsera? Né profugo, né clandestino, ma anarchico!

Poche storie, chi nasce in acque internazionali o al di fuori delle proprietà demaniali non appartiene a nessuna nazione ed è cittadino del mondo. Questo lo sanno tutti o ci si arriva per logica. Ma questa verità è stata subito nascosta dai media che, con la solita astuzia comunicativa, hanno immediatamente posto i cittadini davanti alla domanda (assurda e pretestuosa) 'profugo o clandestino?', cassando così dalla loro testa l'altra opzione, l'unica vera, cioè Yeabsera anarchico. Eh... cosa non fanno pur di non far conoscere l'anarchia! Quella vera!
Diciamolo subito, il bambino non sa ancora neanche parlare, ma gli hanno già imposto un nome e una religione (Yeabsera = dono di dio), hanno già stabilito chi comanda e chi dovrà comandarlo. Gli troveranno una nazione, a qualunque costo, e a tale scopo le autorità (ma chi di preciso?) andranno a vedere quale bandiera sventolava sul barcone o, in mancanza di bandiere, i despoti saranno disposti persino a controllare il numero di matricola del motore pur di dare a questo bimbo una nazionalità, un padrone, delle leggi artificiali e vessatorie. Guai a coloro che non hanno patrie! Non possono e non devono esistere -secondo loro- persone libere.
Ma qualunque sia la nazionalità di Yeabsera, c'è da sperare che questo bimbo, crescendo, impari a conoscere davvero l'anarchia, allontanandosi il più possibile dai pregiudizi che gli stessi Stati creano ad hoc sull'anarchia per riempire la testa dei cittadini di menzogne e di terrore.
Poche storie, questo bimbo, qualunque bandiera gli venga marchiata addosso, rimarrà sempre un anarchico di fatto e persino di diritto (sberleffo alle leggi statali). E Yeabsera sarà un buon anarchico. Viva Yeabsera! Viva la Libertà! Viva l'anarchia!

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Dirigenti scolastici, ducetti alla riscossa

Cosa succede quando i dirigenti scolastici (presidi) si comportano come i cani da guardia del governo? Non dovremmo generalizzare, certo, ma ci sembra di capire che il problema sia abbastanza diffuso.
La domanda iniziale la ribadiamo, anche alla luce del decreto Brunetta che costringe i lavoratori della scuola a divisioni interne, a demeriti, a licenziamenti, a punizioni e a quant'altro possa essere utile a svilire la dignità dei docenti, dei tecnici e del personale ata.
Succede che, come ampiamente previsto in alcuni post di questo blog (ma non solo qui), a fronte di un'alzata di testa dei docenti per difendere i loro diritti e quelli dello studente, il preside emani i suoi editti bulgari e punitivi, minacce, intimidazioni. Succede che, anziché prendersela col Ministero e con i tagli del governo, il preside se la prenda con i docenti che, LEGITTIMAMENTE, si rifiutano -ad esempio- di entrare nel tritacarne del decreto Brunetta o dell'invalsi, il cui vero e malefico scopo lo avevamo svelato già due anni fa.
Un esempio di questa pratica autoritaria del preside, che sa tanto di metodo kapò, giunge dal Liceo Artistico 'De Chirico' di Roma, dove il preside, Sante Mazzilli, ha emanato una circolare-diktat che rivela un chiarissimo abuso di potere a fine vessatorio. (clicca sull'immagine per ingrandire).

Tra le altre cose, si notino le virgolette apposte alla parola 'docenti'. Vergogna!
Ma i docenti, che hanno già definito questo foglio di carta 'circolare-guantanamo', non si sono lasciati intimidire e hanno reagito, coinvolgendo genitori e sindacati, questi ultimi procederanno per vie legali contro il preside, in quanto la circolare è sostanzialmente tesa a creare un clima poliziesco, ove i lavoratori sarebbero costretti a svolgere la loro funzione 'nella più completa assenza di quella partecipazione cooperativa e serena che è tipica di un luogo improntato alla relazione educativa come la scuola' (fonte). I docenti, dal canto loro, hanno presentato una diffida legale contro la circolare-guantanamo. (Nel frattempo, la Gelmini è stata condannata dal tribunale di La Spezia per discriminazione).

PS. Il frutto non cade mai lontano dal suo albero. La gerarchia degli Stati genera sempre oppressione. Ovunque. E dove c'è gerarchia, ci sono violenze, schiavi e padroni. Il modello statale (piramidale) è riprodotto in tutte le attività sociali. E non è un caso.

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sabato 26 marzo 2011

I pozzi d'acqua e i missili. Ci sono buchi e buchi!

Uno dei missili più economici impiegati nella guerra in Libia costa circa un milione di euro. Per costruire un buon pozzo d'acqua nelle zone più aride del Kenya ci vogliono solo 4000 euro.
Se non sbagliamo il calcolo, con un milione di euro si possono realizzare 250 pozzi d'acqua. Se un pozzo può salvare la vita a cento persone di un villaggio, un missile può invece ammazzarli tutti. Naturalmente i governi e gli Stati preferiscono spendere un milione di euro per ammazzare, piuttosto che 4000 euro per far vivere.
Adesso capite perché i vertici internazionali e i summit come i G8 e i G20 vengono presi di mira da quella parte di popolo accorto e responsabile che, però, viene aggredito e diffamato dai media di regime, definendolo 'violento'. A noi pare che i veri violenti siano gli Stati, come sempre. Ribellarsi agli Stati e ai governi è un dovere!

P.S.
Quando si tratta di costruire un pozzo d'acqua, i soldi li chiedono sempre a noi. I media di regime riescono egregiamente a far vibrare le nostre corde emotive e solidali. Ma parte di quei soldi non arrivano mai a destinazione.

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venerdì 25 marzo 2011

Comunicato importante dal governo italiano

I problemi che attanagliano il popolo italiano preoccupano seriamente Berlusconi e i suoi ministri, perciò il sito del governo fa sapere quanto segue (clicca sull'immagine per ingrandire o vai a questo link):



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giovedì 24 marzo 2011

Due chiacchiere con Carlo Giuliani

Hai visto che t'hanno ancora fatto, fratello mio? Ora dimmi tu... ma cosa avrebbero potuto dire di diverso a Strasburgo? Sai cosa gliene frega a quelli di un ragazzo che chiede diritti e riceve pallottole dallo Stato. L'unica cosa che interessa a quelli è proteggere l'autorità costituita, lo sai no? Hanno assolto l'Italia, si sono autoassolti, come sempre se la suonano e se la cantano. Senti, facciamo una cosa, io di quelli non voglio manco parlare, anche perché... anche perché tu sei con noi, fai parte di noi (e noi di te), perciò quelli possono anche autoassolversi mille volte, ma la cosa certa è che tu per noi rimani vivo. Perché lo sei. E questo gli rode, non sai quanto.
Ogni tanto penso a tutta la tragica vicenda, ma non la vedo da una prospettiva ridotta, no! La vedo dall'alto, e da quell'alto ne ricavo il senso, il significato profondo, come dire: giungo al particolare attraverso l'osservazione generale, e sai cosa vedo, fratello mio? Vedo una congrega di belve che si accapigliano per giustificare la loro stessa violenza, per farla sembrare bontà a colpi di legge, la legge che essi stessi hanno scritto per tutelarsi. Insomma, la storia di sempre: da una parte lo Stato pronto a fare quadrato, a spalleggiare i suoi carnefici, uno Stato con le sue leggi, i suoi governi di qualsiasi colore e la sua polizia; dall'altra parte il popolo, potenzialmente forte, ma così indifeso e diviso nei fatti. Così vedo la profonda cesura tra la libertà propagandata e quella negata, più che una cesura un muro! Vedo l'ingiustizia secolare che offende la dignità dei popoli, che rinnega l'essenza dell'Uomo in quanto persona. E questa ingiustizia, amico mio, continua ad essere il loro marchio, quello dei vili!
Lascia stare, Carlè, non t'incazzare ancora, siamo piuttosto noi che dovremmo incazzarci, anche se sulla bilancia della loro giustizia la morte del popolo è sempre leggera. Ma, diciamoci la verità, conta ancora la loro giustizia? No, amico mio, non conta niente, non è mai contata niente, perché di fronte a un ideale di libertà non c'è morte e né legge di Stato che possa prevalere, la ragione è sempre dalla nostra. Perciò quelli rosicano e si arroccano nella loro giurisprudenza fasulla e ipocrita.
Però tu mi devi dire solo una cosa, e lo chiedo a te che sei nelle coscienze dei giusti: quanto ancora dovremo aspettare affinché tutti capiscano l'inganno degli Stati? Quanto tempo ancora per far capire a tutti che non esistono governi buoni? Quant'è lunga la strada per la libertà e la giustizia? E mentre ti faccio queste domande arriva un pensiero tagliente, un pensiero nudo come la verità. E capisco che il tuo stesso nome è la risposta a quelle domande. Hai ragione tu: percorrere la strada della lotta è già una conquista di libertà.

Vicini alla tua famiglia.

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mercoledì 23 marzo 2011

'Con l'anarchia ci sarebbero caos e violenza'

Il titolo del post è virgolettato, è una delle frasi stereotipate che vengono dette, in maniera automatica, relativamente alla proposta politica anarchica. Naturalmente in questo blog sono ormai numerosi gli articoli che dimostrano il contrario, ma alcune persone ritengono già a priori che un mondo di pace e senza governi sia impossibile, senza neppure conoscere davvero cosa sia l'anarchia. E giudicano... per sentito dire. Allora succede che queste persone rimangono ancorate all'idea che i governi e gli Stati siano necessari, perché altrimenti ci sarebbero violenza, caos, disordine, eccidi...
Abbiamo più volte dimostrato anche come i sistemi statali siano la causa di tutte le guerre, ma se questo ancora non basta, se davvero ancora si vuol credere che l'autorità costituita (ed eletta) sia garanzia di pace, mostreremo adesso, attraverso un video, il grado di ordine sociale, di pace, di libertà, che Stati e governi portano ai popoli del mondo.
Il video sta girando su facebook e mostra le proteste popolari nel mondo contro i vari governi, dal dicembre 2010 al marzo 2011. Ai più arditi di fantasia suggeriamo di aggiungere, a queste proteste, le guerre e tutti i disastri ambientali.



Magari aggiungendo uno dei frutti 'migliori' della gestione statale, cioè la repressione per mezzo di bombe nucleari. Nel video qui in basso si susseguono e si sommano tutte le aggressioni nucleari svolte dai governi ai danni delle popolazioni, dal 1945 al 1998.



Queste sono visioni globali, generali, non calcolano i soprusi quotidiani di cui siamo vittime per colpa di un sistema marcio e, per sua natura, violento.
Ora bisognerà quantomeno farsi una domanda sull'effettiva necessità dei governi. E bisognerà anche chiedersi se l'ideale anarchico, da sempre portatore di valori fraterni e di cooperazione egualitaria, possa mai essere più violento di questi orrori legalizzati e istituzionalizzati. La risposta la trovate anche QUI.

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lunedì 21 marzo 2011

E se il popolo libico non volesse eserciti stranieri?

Troppa nebbia sulla guerra in Libia. Troppi interrogativi incombono su questa guerra e abbiamo ragione di credere che le televisioni ci nascondano moltissimo, distorcendo al contempo le poche informazioni. Cosa sappiamo in realtà di quello che sta avvenendo sul campo? Dove sono le immagini? Dov'è il vanto dei reporters nel descrivere minuziosamente ogni cosa? Da quale fonte certa possiamo attingere per avere una visione più completa?
Ci hanno detto -ad esempio- che il popolo libico saluta con gioia gli invasori, ci hanno detto che il popolo libico osanna i colonialisti come fossero liberatori. Sarà. Ma se invece quello che ci hanno fatto vedere è solo un piccolo manipolo di osannatori? Dove sta la verità? Siamo sicuri che un popolo in rivolta, alzatosi in autonomia, constatando la propria forza, sia disposto a lasciare il testimone e il potere agli eserciti stranieri? Siamo sicuri che una raffica di mitra sui manifestanti (benché atroce, senza dubbio) possa bastare a far implorare a un popolo islamico l'aiuto degli occidentali? Certo, è vero, i ribelli avevano accusato Gheddafi di sparare sui civili, ma l'esercito di Gheddafi non risparmia i suoi colpi sulla gente neppure in pieno conflitto. Adesso. Siamo sicuri che ora il popolo non si trovi tra due fuochi incrociati ed estromesso dalla lotta?
Ve l'abbiamo detto, troppi interrogativi. Intanto noi abbiamo trovato delle immagini, tratte da un video girato in loco. Mostrano manifesti, cartelloni, con un chiarissimo messaggio: 'No all'intervento straniero. Il popolo libico può fare da solo'. Non aggiungiamo altro. Ma riflettiamo.


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Post in evidenza

Società gilaniche: le floride comunità senza Stato. L'anarchia durata migliaia di anni

Attenzione! Questo post, da diversi anni, viene distorto nel suo vero senso, strumentalizzato e interpretato in modo opportunista da parte ...

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